Giro Cicloturistico delle
Alpi Francesi
(Estate 1972)
Diario di viaggio del CICLASPIS
nelle ALPI FRANCESI (1972)
[redatto dall'incaricato V. Brugnatelli]
Partecipanti:
Roberto Marchesi, presidente
Aurelio Marchesi, vicepresidente
Fausto Brugnatelli, promessa
Vermondo Brugnatelli, anziano guida
Paolo Moretti, anziano guida
Pietro Moretti, promessa
Giacinto Renda, promessa
Ernesto Tamagni, anziano guida
Vittorio Tamagni, anziano guida
Sabato 29 luglio 1972
Trasferimento in treno da Milano a Ginevra
Il viaggio avviene in maniera del tutto regolare, e --quello
che più stupisce-- le biciclette vengono ritrovate alla stazione
in discrete condizioni, senza aver troppo sofferto per la lunga trasferta.
Una brutta sorpresa ci coglie all'ostello, dove evidentemente
la nostra prenotazione è andata perduta e non c'è più
posto. Dopo elaborate ricerche troviamo una sistemazione simile in una
missione evangelica piena di gente che si esprime solo in tedesco, il che
ci fa rimpiangere l'assenza del teutonico Giorgione. [Giorgio
Ceffali, quella stessa estate, stava facendo un secondo giro Ciclaspis
a Capo Nord, in compagnia di Guido Tavecchio.
N.d.R.]
Estraneo a questi problemi, Vittorio si dà da fare
fino a sera intorno al "tarzan" che accusa i primi sintomi di un guasto
che sarà la caratteristica saliente delle prime giornate di questo
giro.
Domenica 30 luglio 1972
Ginevra - La Clusaz, km. 54
Dopo una pronta sveglia, la prima colazione è allietata
da canti religiosi eseguiti --sempre in tedesco-- dagli altri ospiti della
casa, con accompagnamento di chitarra. Al momento della partenza una graziosa
fanciulla entra nella stanza dove eravamo alloggiati per farci gentile
omaggio di una copia del Vangelo secondo S. Giovanni in italiano.
Confortati così anche spiritualmente, intraprendiamo
il lungo cammino che ci porterà, dopo ore di inenarrabili sforzi,
fuori da Ginevra. Ascoltiamo la messa ancora in territorio svizzero, a
poche centinaia di metri dal confine, che varchiamo sul far del mezzogiorno,
in tempo per acquistare nelle
boulangeries francesi l'ottimo pane
che solo in Francia sanno fare.
Il caldo è notevole: benché ci si avvicini
alle montagne siamo ancora in un'assolata pianura ove l'asfalto si liquefa
sotto le ruote. Ne constatiamo gli effetti quando, ad una sosta per noie
meccaniche al "tarzan", più di un cavalletto sprofonda nella nera
coltre provocando la caduta del mezzo.
Per sfuggire alla calura ed allontanarci dalla superstrada
che porta da Ginevra a Bonneville, deviamo in una "stradetta astuta" in
terra battuta che ci porta ai prati ove, all'ombra di provvidenziali alberi
ad alto fusto, consumiamo una tranquilla colazione.
Nel pomeriggio, raggiunto nuovamente lo stradone dopo
le consuete peripezie che sono solite riservarci le "stradette astute",
specie se in terra battuta, giungiamo alle porte di Bonneville. Da lì
si stacca la strada che seguiremo noi. Dal momento che la salita è
vicinissima, Vittorio, partito da Milano ancora febbricitante, ritiene
opportuno fare il cambio con Paolo alla guida del pesantissimo "tarzan".
Si assiste così ad un pauroso zigzagare tra macchine
esterrefatte da parte del tarzan, che richiede una forza di braccia ed
un coordinamento di movimenti sconosciuti a chi va in bici da solo, anche
se a pieno carico. Il primo chilometro è semplicemente disastroso,
ma col passare dei chilometri tutto torna normale.
Ed è così che possiamo con tranquillità
affrontare l'inizio della salita, che avviene in una pittoresca valle nella
quale la strada corre a picco su di un considerevole strapiombo.
La valle rimane suggestiva anche quando, più avanti, si apre alquanto,
lasciando ampio spazio a verdi prati e fitti boschi.
La pendenza però induce i nostri eroi, non ancora
perfettamente rodati, a meditazioni meno auliche, e successivamente una
minuta ma fastidiosa pioggerella, proprio alle porte di La Clusaz, non
giva a risolevare il morale del gruppo.
La scoperta infine che l'ostello, benché segnato
col nome del paese, si trova in realtà alcuni chilometri oltre e
su una strada diversa dalla nostra, ci convince definitivamente a piantare
le tende nel primo posto buono reperibile. Si tratta di un prato vicino
ad un cantiere, un po' fuori dalla strada, con bella vista sul paese.
Qui Paolo Moretti si esibisce nelle vesti di cuoco con
un piatto che resterà famoso: gli "spaghetti alla La Clusaz", infame
pastone mezzo crudo e mezzo stracotto che la provvidenziale mano del cielo
provvede a far rivesciare completamente per terra, amndando in crisi vieppiù
il cuoco ma risparmiando i nostri stomaci.
Lunedì 31 luglio 1972
La Clusaz - Notre Dame de Bellecombe, km. 25
Dopo una rapida sveglia, con altrettanto rapido smontaggio
dell'attendamento, affrontiamo la salita che oramai punta decisamente al
colle.
La prima salita del giro stuzzica le velleità agonistiche
dei partecipanti che si danno da fare per assicurarsi il primo posto in
vetta. Ma l'entusiasmo gioca dei brutti scherzi, come a Pietro, cui la
catena cade sul 15 e non se ne sposta più, costringendolo ad una
salita invero faticosa, o Fausto, che, all'opposto, al momento meno opportuno
si trova costretto al rallentatore da un indesiderato 30.
Infine, arrivati tutti, bene o male, al
Col
des Aravis (m. 1498) da cui un'intensa foschia impedisce la
vista sul Monte Bianco, acquistate cartoline e patacche di rito, ci lanciamo
nella vorticosa discesa su Flumet. Sul fondovalle provvediamo alle spese,
e ci stabiliamo a mangiare al quarto tornante della risalita.
Appena mangiato, Vittorio si reca con Vermondo a Megève
distante 10 chilometri alla ricerca di un ciclista fornito di un mozzo
di misura adatta al tarzan, che dà vistosi sintomi di cedimento.
E là il ciclista vuole a tutti i costi vedere il tarzan sinistrato
cosicché Vermondo, lasciato i febbricitante Vittorio a Megève,
ritorna a Flumet per rispedire il tarzan con equipaggio Paolo-Ernesto alla
volta di Megève.
Nell'attesa del loro ritorno, l'animo instancabile dei
nostri eroi li conduce ad organizzare un'appassionante cronoscalata: la
famigerata "Flumet-Quarto tornante". Ecco la classifica dei migliori tentativi:
Vermondo |
40" |
(e 39" e 5 con un carico di 3 l. d'acqua, ovviamente non omologabile) |
Aurelio |
43" |
(con noie al cambio) |
Pietro |
43" |
|
Fausto |
44" |
|
Al ritorno di Vittorio e tarzan (ancora guasto perché
il ciclista si è dichiarato impotente a sistemarlo), la carovana
si rimette in marcia sulla ripida strada che sale a Notre Dame de Bellecombe.
Il tandem è ora affidato a Vermondo, che si fa così anche
lui una buona esperienza di ciò che è il tarzan in salita.
Alla sera si pone la tenda in una casa in costruzione
ancora priva di soffitti, poco fuori del paese. La passeggiata serotina
per le vie del paese semideserto si trasforma in una colossale bambinata
quando, alla vista di un parco giochi per fanciulli i nostri vi fanno un
vero e proprio assalto balzando chi sulla giostra, chi sulla fune, chi
sull'altalena.
Martedì 1° agosto 1972
Notre Dame de Bellecombe - Beaufort (pressi), km. 32
Tra lo stupore generale, la mattina si annuncia con un ritmico
picchiettare di pioggia sulla tenda, il che fa supporre di dover perdere
un'intera giornata per via dell'acqua. Fortunatamente ben presto cessa
di piovere, e --anche se non è perfettamente sereno-- si può
riprendere la salita.
Anche oggi infuria la bagarre, e i distacchi tra i primi
e gli ultimi (il tarzan ha ancora noie meccaniche) sul
Col
des Saisies (m. 1633) sono piuttosto notevoli. In cima, la solita
foschia, mista a nuvole basse, impedisce la vista sul panorama che dovrebbe
ancora comprendere il Monte Bianco. La discesa su Beaufort è invece
molto panoramica, e dà su un'ampia valle ricca di prati e pascoli.
Per la colazione ci attestiamo su una catasta di tronchi
all'uscita del paese, proprio sulla strada, su cui però non transitano
quasi macchine.
Finito di mangiare --ormai è un rito-- Vittorio
si mette ad armeggiare intorno al tandem. Ad un certo punto sostiene
di avere scoperto la natura del guasto e di poterlo aggiustare, ma che
gli occorre del tempo. Si decide allora che gli altri vadano avanti
con comodo, mentre Vittorio, Ernesto e Vermondo resteranno a Beaufort fino
alla riparazione del guasto. Così avviene ed in serata il
tandem finalmente riparato (il mozzo della ruota posteriore ha fino ad
oggi fatto attrito su tutto fuorché sulle sfere) si riunisce agli
altri a metà della salita per il Col de Méraillet.
Il luogo dell'attendamento è un ameno praticello
su una stradina secondaria che serve per la manutenzione della diga che
ci sovrasta. Prati e boschi dappertutto fanno sembrare di essere fuori
dal mondo.
Mercoledì 2 agosto 1972
Beaufort - Bourg St. Maurice , km. 37
Una fresca ma serena mattinata ci addolcisce il salire, e
così ben presto ci troviamo tutti in cima al
Col
de Méraillet (m. 1605), che dà sul vasto lago
artificiale di Roselend.
Non vi è praticamente discesa e, costeggiato per
un po' il lago, sul quale sorge un'antichissima cappella cui dedichiamo
una rapida visita, riprendiamo la salita, questa volta in terra battuta,
alla volta del Cormet de Roselend (m. 1968).
Sulla cima stazionano basse nubi che impediscono la vista, ma dopo poca
discesa abbiamo agio di vedere la piccola e profonda valle in cui dobbiamo
scendere, nell'imponente scenario di alcuni ghiacciai.
La strada è stretta ma asfaltata di recente, per
cui non pone problemi. A metà decidiamo di far sosta per mangiare,
invogliati da un sole che si è fatto largo tra le nubi della mattina.
Purtroppo a guastare le cose ci si mette il vento freddo che percorre la
valle in ogni senso, per cui non c'è riparo che ce ne protegga.
Perciò, appena finito di mangiare ricarichiamo le biciclette e ci
lanciamo su Bourg St. Maurice dove arriviamo nel primo pomeriggio.
Approfittiamo di questo per darci agli acquisti.
Tra l'altro la Cassa Comune si accolla l'acquisto di una mezza forma di
formaggio locale, il che in sguito provocherà un'ormai storica discussione
riguardo al risarcimento spettante ad Ernesto che --avverso ad ogni tipo
di formaggio-- non ha intenzione di usufruirne.
Vittorio intanto mobilita schiere di meccanici per estrarre
la ruota libera del tarzan in modo da poter sostituire un raggio che si
è rotto, salvo scoprire, dopo inenarrabili sforzi, che i mozzi del
tandem sono costruiti appositamente in modo tale da permettere la sostituzione
dei raggi senza levare la ruota libera.
Giovedì 3 agosto 1972
Bourg St. Maurice - Val d'Isère , km. 31
Ci avviamo più tardi del solito per attendere che le
riparazioni del tarzan siano terminate, ed anche una volta in viaggio l'idea
di doverci portare ai piedi dell'ultimo balzo per un passo di 2770 metri
non contribuisce a tener desta l'andatura. A tutto ciò si
aggiunge che il tempo, fin qui bello o comunque non brutto, sta peggiorando.
Sotto un inizio di piovasco decidiamo di fermarci a amngiare
a S.te Foy in un fienile. Qui facciamo conoscenza con un mucchio
di monelli locali che ci donano un po' di frutta (grattata nei campi vicini),
e dell'erba commestibile di cui Vittorio fa incetta.
Col cielo sempre più cupo e la pioggia che va e
viene, ripartiamo per affrontare la ripida salita che porta al lago artificiale
di Tignes, all'altezza del quale incontriamo un cicloturista che si sta
facndo questa salita scarico seguito dai genitori in macchina. Dopo
un avventuroso attraversamento di tunnel non illuminati, all'interno dei
quali avviene di tutto, giungiamo, infreddoliti e pavidi per l'avvenire,
a Val d'Isère dove riusciamo, recitando un copione ormai imparato
a memoria, ad intenerire il parroco locale, che --"proprio perché
siamo italiani, se eravamo francesi niente"-- ci trova posto in uno sgabuzzino
vicino alla chiesa come riparo per la notte.
All'interno troviamo in un quadernetto numerosissimi ringraziamenti
di escursionisti di tutti i paesi, ma per la maggior parte francesi.
Venerdì 4 agosto 1972
Val d'Isère - Lanslebourg , km. 49
Al mattino, due contrastanti sorprese: uno, nel cielo tersissimo
il sole risplende caldo, e, due, Giacinto ha perso marmellata dappertutto,
distribuendola equamente su tutti i materassini. Incuranti della seconda
sorpresa, approfittiamo della prima per una salita fantastica, tranquilla,
con ampie pause di respiro per ammirare il panorama di Val d'Isère
sempre più in basso, fino a trovarci a tu per tu con le bianche
vette sulle quali torme di sciatori sfidano il sole d'agosto.
E' il Col de l'Iseran (m. 2770),
una delle massime altezze raggiunte dal Ciclaspis nella sua storia, superiore
perfino al leggendario Stelvio, eppure non sarà nemmeno il tetto
di questo giro stratosferico.
Dopo i consueti acquisti di cartoline, patacche e souvenirs,
cominciamo la discesa, per fermarci quasi subito e mangiare ancora in alta
quota.
Lungo la discesa, affrontata a pomeriggio avanzato, ci
fermiamo ad acquistare latte e derivati in una "latteria astuta" consigliataci
dal Vecchiaccio, che dalla sua scoperta ha avuto tutto il tempo di diventare
un luogo molto conosciuto: si deve fare la coda per avere il latte.
Alla sera, il comodo ostello di Lanslebourg riposa le
nostre membra stanche per le fatiche della giornata, tra le quali, non
ultima, la ricerca dell'ostello stesso.
Sabato 5 agosto 1972
Lanslebourg - Valloire , km. 67
Al mattino il latte astuto comprato nella latteria astuta
non ha resistito ad un audace pernottamento, e così, dopo un'agile
bollitura, ritroviamo il pentolone pieno di siero e di uno strano precipitato
bianco: un'ottima ricotta. Ritemprati da un lungo pernottamento in
un vero letto (tranne Piero, volato nottetempo dalla cima del suo letto
a castello), ci lanciamo col consueto ritardo sotto un sole meraviglioso
lungo la valle della Maurienne, in più punti stretta e profonda,
sede di parecchi castelli che scorgiamo arroccati qua e là nei luoghi
più inaccessibili.
A Saint Michel finisce la pacchia: vistosi cartelli segnalano
sulla sinistra l'inizio della salita più prstigiosa del Tour de
France: il duplice passo del Télégraphe e del Galibier.
Dopo avere sostato per mangiare ai primi erti tornanti
di salita, nel pomeriggio ci accingiamo a superare il primo di tali passi.
Per tutta la giornata osserveremo un continuo andirivieni di cicloturisti
(tutti invidiatissimi perché scarichi), che testimoniano il grande
prestigio di cui gode questa strada. La salita, in un grande bosco
con panorama via via più ampio sulla Maurienne, avviene rapidamente,
e ben presto siamo tutti sulla sommità del Col
du Télégraphe (m. 1570), sulla punta di uno sperone
roccioso che dà da una parte sulla valle e dall'altra sulle maestose
montagne che attorniano il Galibier, tra cui spicca l'innevatissima Barre
des Ecrins.
Giallo in discesa: la brevissima rampa, larga e senza
curve, induce ad un'eccessiva confidenza Vermondo che si trova così
senza volerlo lungo e disteso per terra dopo un violento impatto con un'automobile.
L'incidente è avvenuto proprio all'ingresso di Valloire (per la
precisione, al momento di arrestarsi insieme agli altri su uno spiazzo
non privo di ghiaietto) per cui è rapido il trasporto dell'infortunato
al più vicino posto di pronto soccorso, dove se la caverà
con un punto al ginocchio, un'antitetanica e parecchie rabberciature.
Il più terrorizzato appare comunque l'automobilista, evidentemente
traumatizzato dall'impatto con un simile proiettile: in uno schizzo destinato
all'assicurazione il complesso bici-carico-Vermondo assume in proporzione
con l'auto le dimensioni di un camion.
Tra una cosa e l'altra, il lato più seccante, forse,
della faccenda, è che la tenda viene montata --caso più unico
che raro in questo giro-- quando ormai è buio.
Domenica 6 agosto 1972
Valloire - Le Bez , km. 44
Sorpresa al mattino: il campo su cui abbiamo dormito abbonda
di piattelli in pezzi, testimoniando che ci troviamo su un campo di tiro.
Provvediamo perciò in fretta a smontare la tenda ed a fare i bagagli.
Ciononostante la partenza avviene tardi, dal momento che
bisogna prendere la messa e successivamente cercare qualche negozio aperto
per quelle provviste che il giorno prima non si ha avuto il tempo di fare.
Il tempo è sempre splendido, e affrontiamo la salita
col grande caldo. Qualcuno non resiste alla tentazione di fare un
bagnetto nelle gelide acque del torrente, perciò quando, sul far
del mezzodì, sostiamo per mangiare, abbiamo percorso ben pochi chilometri.
In compenso il verde prato, il limpido ruscello e l'aria già di
alta montagna inducono a miti pensieri, e nessuno si lamenta.
E' triste, però, dover presto abbandonare quel
luogo riposante per inerpicarci su per l'ultimo e più duro tratto
di salita. In cima, comunque, il panorama estesissimo appaga tutti
i nostri eroi, che hanno anche modo di apprendere dalla viva voce di un
radiocronista francese la vittoria italiana al campionato del mondo. ("Guimard!
Guimard! Guimard! .....C'est Bassò qui a gagné...")
Attraversato il tunnel terminale (Col
du Galibier, m. 2556), riappare in tutta la sua vastità
il nevosissimo massiccio dell'Oisans, con la sua perla più ambita,
la Barre des Ecrins, ora naturalmente molto più ravvicinata di ieri.
Pochi chilometri di discesa e conquistiamo anche, senza
troppa fatica, il Col du Lautaret (m. 2058).
Infine, proseguendo verso il fondovalle, ci dirigiamo
alla volta di Le Bez. Lungo questa discesa avviene la prima foratura
del tarzan in questo giro, in un tratto in terra battuta per lavori in
corso. Un fatto veramente eccezionale! A Le Bez nell'ostello
che ci ospiterà per due giorni veniamo alloggiati in una tenda gigantesca
che funge da dépendance e che durante questi giorni accoglierà
altri cicloturisti spagnoli, tedeschi, inglesi, ecc.
Lunedì 7 agosto 1972
Le Bez (riposo) - ovvero
salita al Col de Granon , km. 46,5
Si attendono qui (invano) i cugini di Adriano che dovrebbero
frsi vedere per unirsi a noi.
Chi approfitta del riposo per fare bucati, chi per giocare
a scacchi, chi per cercare di "attaccare" con le numerose fanciulle che
popolano l'ostello, chi infine per farsi un altro passetto sui 2000 metri.
Paolo, Aurelio ed il tarzan, non contenti dei molti "2000" già al
loro attivo, si cimentano con il Col de Granon
(m. 2313), dalla pendenza forte e regolare, oggi meno micidiale
grazie all'assenza del carico, con tratti quasi da "fuoristrada" sulla
stradetta astuta di turno.
Dalla cima, vasto panorama su Briançon, e forse
anche sull'Italia. In discesa il tarza si separa dagli altri e giunge
prima in ostello grazie ad una guida particolarmente spericolata.
In serata, un ottimo spezzatino comunitario sazia gli
appetiti di chi si è mosso e di chi è rimasto a casa.
Martedì 8 agosto 1972
Le Bez - Arvieux , km. 42
Abbandonata velocemente la tenda, rovente di giorno e frescolina
di notte, ci portiamo con pochi chilometri di leggera discesa a Briançon,
la città più alta d'Europa (m. 1321). E qui, affascinati
dalla bellezza della cittadella fortificata, perdiamo per visitarla più
tempo del previsto, meritandoci quasi tutti 2 franchi di multa da parte
di Roberto, che oggi pare avere fretta.
Nonostante tutto, il mattino riusciamo a percorrere già
un discreto numero di chilometri, in salita non molto decisa. E potremmo
farne altri se non vedessimo un luogo fantastico per fermarci: un verde
prato, vastissimo, attraversato da un ruscelletto che lo taglia come un
nastro azzurro, ed in fondo alla conca, dopo un fitto bosco, alte montagne
innevate. Qualcuno lancia addirittura la proposta
di finire lì il giro, e ci vorrà molta forza di volontà
per staccarci presto da quel luogo di delizie.
Il tratto pomeridiano è decisamente più
ripido, ma si snoda in un bosco che attenua il calore del sole e consente
a chi lo voglia di andarsene in cerca di funghi a metà della salita.
E così senza fretta anche il terribile Col
d'Izoard (m. 2361) viene pian piano raggiunto da tutti i nostri
eroi. Dalla cima si ha modo di osservare un grandioso panorama sul
versante meridionale, brullo, senza una pianta, la terribile "casse deserte"
che consacra i campioni del Tour de France.
La discesa, dopo il primo tratto piuttosto sinuoso, diventa
velocissima e permette al tarzan evoluzioni al limite dell'umano.
Piantiamo il campo ad Arvieux in soli 5 minuti cronometrati,
facendoci così condonare i 2 franchi di multa del mattino.
Durante il consueto passeggio serale per le vie del paese,
si verifica un tentativo di attaccar discorso con alcune fanciulle locali
(terminato con un romantico lancio di ortaggi dalla finestra delle transalpine
sulle teste dei maschi nostrani) i cui particolari, per ovvi rispetti umani,
è meglio tralasciare.
Mercoledì 9 agosto 1972
Arvieux - Vars , km. 32
La profonda gola del Guil vede il mattino i nostri eroi prendersela
comoda. L'attività principale della mattinata consiste infatti nel
tirare sassi dalla strada nel fiume a strapiombo sotto di essa.
Dopo la necessaria sosta a Guillestre, nessuno ha voglia
di farsi a stomaco vuolto la salita sotto il sole, per cui ci si ferma
quasi subito in un luogo dove un torrentello forma una piccola cascata
che pare fatta apposta per farci una doccia.
Stranamente, sazi e rinfrescati, neppure il pomeriggio
la dura salita accenna a farsi più agevole. Perciò decidiamo
di fermarci a Vars, pochi chilometri prima del passo omonimo.
Anche questo paese la sera vede scene di approcci con
ragazze locali, ma anche su queste avventure è meglio sorvolare.
Giovedì 10 agosto 1972
Vars - Barcelonnette (pressi) , km. 40
Al mattino la salita è sempre più agevole, perciò
già di buon'ora il
Col de Vars (m. 2111)
è conquistato senza troppe fatiche. Nella discesa si
possono ammirare le "Dames Coiffées", torri di erosione con un masso
in cima ad ognuna, fenomeno che si può trovare anche in Italia nelle
Dolomiti. Forse intento ad ammirare tale fenomeno, Fausto cade in
discesa, ma senza altre conseguenze che qualche sbucciatura.
La sosta per mangiare avviene a fondovalle, sul greto
dell'Ubayette, in vista di un forte arroccato sulla montagna di fronte.
Nel pomeriggio giungiamo, con un giorno di anticipo, a
Barcelonnette,
da dove è previsto si stacchi un
giro di tre colli con ritorno a Barcelonnette che, qualora per maltempo
o altro avessimo ritardato, avremmo potuto eliminare senza essere forzati
ad affannosi recuperi. Trovandoci però addirittura in vantaggio
sul previsto, dopo le provviste e le riparazioni (il tarzan cambierà
i puntapiedi e i cinghietti), ci portiamo senza indugio all'attacco del
Col d'Allos, dove piantiamo la tenda in un bosco di conifere ricco di fragole,
nei pressi di una sorgente formidabile.
Venerdì 11 agosto 1972
Barcelonnette - La Foux d'Allos , km. 29
Oggi percorriamo uno dei passi più fantastici del giro:
la strada stretta è percorsa da poche auto (e tutte trasportano
sul tetto uno o più kaiak, evidentemente da qualche parte c'è
una gara), e per il resto è libera per noi ciclisti. Si domina da
molto in alto la strada che faremo al ritorno, nella stessa profondissima
valle, proprio sul fondo.
Poi pian piano i boschi cedono ai pascoli, e la visuale
si stende fin verso Barcelonnette, dominata dai due curiosi cocuzzoli del
"Pan di Zucchero" e del "Cappello del Gendarme".
Sulla cima (Col d'Allos, m. 2247)
si sosta a lungo per mangiare e riposarsi prima da affrontare la discesa
con numerosissimi tornanti, molto suggestiva a vedersi dall'alto, che porta
all'ostello di La Foux d'Allos.
Qui troviamo posto, anche se siamo in anticipo di un giorno
sulla prenotazione, e passiamo la serata giocando a scacchi od a ping-pong.
Unico neo la lavatura piatti, che i gestori dell'ostello
ci affidano, aggiungendo però ai nostri anche montagne di altri.
Sabato 12 agosto 1972
La Foux d'Allos - St. Martin d'Entraunes , km. 46
La partenza oggi avviene alla svelta, in modo che riusciamo
a lasciare ad altri i nostri piatti della colazione da lavare.
Dopo 8 chilometri di discesa, si ricomincia a salire verso
quello che verrà unanimemente riconosciuto il passo più bello
del giro. La Stradetta, priva di macchine, si snoda completamente dentro
il bosco, senza alcun'opera muraria artificiale. Ogni tanto si esce di
strada e si pedala sull'erba: un divertimento inenarrabile. Il sole non
si fa sentire, tanto è fitto il bosco.
Ma poi, pian piano, i boschi cedono al prato, e ci ritroviamo
sulla cima del Col des Champs (m. 2095).
La discesa è un po' problematica all'inizio perché
lavori in corso per la posa dell'asfalto ne hanno reso quasi impraticabile
un breve tratto, superato il quale e ritrovato l'asfalto, continuiamo per
un po' finché non troviamo l'acqua e possiamo metterci a mangiare.
Il forte anticipo della giornata ci invoglierebbe ad indugiare
in questa sosta, ma ci riscuote ll'improvviso il fatto che pian piano il
cielo si è andato oscurando, e ora minaccia addirittura di piovere.
E' necessario sbrigarsi per non essere sorpresi dalla pioggia sulla strada.
Qualche pessimista, vedendo che le nuvole si addensano
più numerose al nord, dove dovremo andare l'indomani, mentre al
sud resta il sereno, propone di buttarci a sud per finire il giro sulla
costa azzurra.
La sosta a St. Martin d'Entraunes, dove piantiamo la tenda,
servirà ad attendere il chiarirsi della situazione.
Domenica 13 agosto 1972
St. Martin d'Entraunes - Barcelonnette , km. 51
Il mattino, un sole splendente in un cielo azzurro dissipa
ogni dubbio: si può proseguire. Così, partiti in fretta per
giungere a prendere la messa a Entraunes (senza riuscirci), perso un po'
di tempo anche per osservare il "campanile asimmetrico" che tanto ci aveva
incuriositi vedendolo citare nelle guide, è col caldo che affrontiamo
la salita.
Come se non bastasse, al tarzan si stacca tutto d'un tratto
il portapacchi anteriore rovesciando in terra l'intero scatolone di prodotti
alimentari di cui era fornito. Perso così altro tempo
per risistemarlo, dobbiamo fermarci dopo poco per mangiare, e ripartire
anche presto per giungere in cima al Col de la
Cayolle (m. 2327) ad ora non troppo tarda.
La discesa è poi presa con comodo, ed è
impressionante soprattutto nell'ultimo tratto, sul fondo di quella profonda
gola in cima alla quale siamo passati due giorni fa.
Giunti infine a Barcelonnette, troviamo posto in un campeggio
(il camping libero qui è duramente represso, come abbiamo avuto
modo di constatare di persona). Il posto è gratis, ma non è
certo dei più esaltanti, in mezzo ai sassi, sul retro dell'edificio
che funge da "reception", ristorante e spaccio, tra cumuli di cassette
vuote.
Lunedì 14 agosto 1972
Barcelonnette - Barcelonnette (giorno di scorta
per la pioggia)
Svegliati con ancora nelle orecchie il frastuono di un dancing
vicino, scopriamo che oggi piove, e ringraziamo il cielo di avere un giorno
di vantaggio, per cui ce ne restiamo in tenda quasi tutto il giorno.
Ne usciamo solo la sera per andare alla messa per il giorno
dopo, tutti tranne Vittorio che, impossessatosi di una bici per "fare un
giro" si farà in anteprima il Col de la Bonnette.
Martedì 15 agosto 1972
Barcelonnette - Lans , km. 12
Col tempo ancora un po' coperto ci rechiamo a Jausiers dove
attacca la vera salita al tetto del giro. La strada nei primi chilometri
è veramente molto brutta: asfalto pieno di buche estese e profonde
che mettono a dura prova la nostra perizia di guida e la marmitta delle
automobili che passano.
Si sale allegramente, senza forzare, finché, avvistato
un luogo adatto, ci si ferma per mangiare. La sosta si protrae più
del dovuto, e quando infine si esamina la situazione, decidiamo di piantare
lì la tenda, vista l'impossibilità di arrivare sul versante
opposto per sera, e l'inopportunità di proseguire con il rischio
di incappare nelle nubi che avvolgono minacciose la cima del passo.
Piantata quindi la tenda e convinto il proprietario del
terreno che la sosta sarà solo per un giorno (ma sarà stato
il vero proprietario? Tutte le persone che passavano di lì si spacciavano
per il proprietario, per avere l'opportunità di farci grandi scenate
insulse), facciamo una passeggiata nel bosco, durante la quale visitiamo
alcune opere approntate da boy scouts attendati nei pressi.
Mercoledì 16 agosto 1972
Lans - Isola , km. 60
Oggi è il grande giorno. Nonostante il tempo non
mostri grandi miglioramenti, preso il coraggio a due mani, si va.
Lentamente ma costantemente guadagniamo quota. Scomparsi
i boschi, superati cicloturisti e cicloturiste che --incredibile a dirsi--
vanno più piano di noi, entriamo nella nebbia. Ogni tanto qualche
caserma abbandonata offre conforto fisico (se capita di incontrarla durante
una spruzzata di pioggia, in modo da trovare riparo) e spirituale ("dunque
qualche essere umano è passato di qui").
Infine, superate le ultime centinaia di metri con la pendenza
più dura della giornata, ci troviamo a tu per tu con la lapide che
ci ricorda che siamo giunti all'altitudine di
2802
metri (Col de la Bonnette),
tetto
del giro e
record
Ciclaspis di altezza di un valico.
Saliamo poi a piedi sulla Cima della Bonnette, da cui
per via della nebbia non si scorge assolutamente nulla.
Fatte le fotografie di rito, ripartiamo alla svelta sotto
un autentico diluvio. Per mangiare ci rifugiamo nell'interno
di una caserma abbandonata. Qui Vittorio cerca di vendere tè caldo
ai passanti, riscuotendo unicamente occhiate stralunate.
Infine, migliorato un po' il tempo, ci lanciamo verso
il caldo e il fondovalle.
Tra St. Etienne de Tinée e Isola perdiamo il tandem.
Mentre gli altri preparano la tenda già ad Isola, Vermondo torna
indietro per rintracciarlo, e finalmente tutto viene chiarito: Vittorio,
convinto che non ci fossimo tutti, temendo che qualcuno fosse rimasto indietro
per un guasto, si era recato coi ferri in autostop verso il colle, abbandonando
a St. Etienne Ernesto, che, dormicchiando nei pressi del tarzan, veniva
avvicinato da poliziotti locali che gli chiedevano documenti.
[Per
i visitatori esterni che non lo sapessero: Ernesto è non vedente.
N.d.R.]
In serata grande ballo in piazza per la festa dl paese:
ovviamente noi non possiamo mancare, anche perché non dormiremmo
essendo la tenda proprio lì nei pressi.
Giovedì 17 agosto 1972
Isola - Demonte , km. 50
La salita odierna, ultima del giro, viene affrontata con spirito
diverso dai partecipanti. Ai due estremi il tandem, che decide di dare
il meglio di sé su questa salita, ed il gruppo Vermondo-Fausto-Paolo,
che invece decidono di non volersi stancare. Perciò, messo
il rapporto più agile, percorrono lentamente la stretta valle coperta
di boschi in cui si snoda --per la verità deturpandola-- la strada
che conduce al Colle della Lombarda e all'Italia, fermandosi ogniqualvolta
lo ritengano opportuno per fare fotografie. Il tandem, invece, solo
quasi all'una, giunto alla dogana francese, si domanda se non sia il caso
di fare una sosta.
Così è già tardi quando viene raggiunto
dagli altri. Il trio di fondo, superata Isola 2000 senza incontrare
nessuno, temendo che gli altri abbiano continuato fino in cima al passo,
si fermano per mangiare al primo posto che trovano.
E lì vengono raggiunti da Vittorio, che, sempre
temendo un guasto meccanico, è sceso coi ferri alla loro ricerca,
ritrovandoli a metà del loro pasto.
Ritornato Vittorio dagli altri, Roberto, che non ha ancora
cominciato a mangiare, vedendo ignorata la sua autorità di presidente,
se ne parte digiuno e infuriato con un manipolo di fedelissimi alla volta
del passo. Vittorio ed Ernesto rimangono alla dogana per mangiare.
Sopraggiunti gli ultimi tre a pasto ultimato, apprendono
della confusione regnante, e decidono di affrettarsi a raggiungere gli
altri che hanno parlato di ritrovarsi a Cuneo. Dalla cima del Colle
della Lombarda (m. 2350), però, vedono che più
che il dolor potè sugli altri il digiuno, che li ha costretti a
fare una sosta per mangiare dopo un breve tratto di discesa.
Visi truci e silenzio glaciale al ricongiungimento, nessuno
ritiene opportuno parlare dell'accaduto, e dopo un po' la bellezza del
versante italiano, un vasto pianoro digradante con qualche laghetto qua
e là, fa passare le arrabbiature.
Passata anche la dogana italiana --dove un carabiniere,
impressionato dalla spericolatezza di Vittorio, gli consiglia una minor
veemenza in discesa-- ci sentiamo veramente rientrati in patria.
Dopo una caduta di Giacinto dovuta alla bassa pressione
delle sue ruote, per la notte ci accampiamo sul fondovalle della Stura,
a Demonte.
Venerdì 18 agosto 1972
Demonte - Farigliano , km. 61
Le ultime tappe sono oramai pianeggianti, e rimpiangiamo un
po' le faticose ma entusiasmanti salite delle Alpi.
Sulla strada facciamo anche degli incontri: dei colleghi
di Aurelio, in giro in macchina da queste parti, lo riconoscono nel gruppo
e si fermano a salutarlo.
A Cuneo dovremmo pernottare, ma passiamo in ostello solo
per vedere se c'è posta e poi, dal momento che è presto,
continuiamo, senza nemmeno visitare la città (per decreto presidenziale),
fino a Farigliano, dove ci attendiamo sulla sponda del Tanaro.
Sabato 19 agosto 1972
Farigliano - Grazzano Badoglio , km. 80
Tappa più movimentata questa sulle Langhe, col caldo
e l'aria pesante delle basse quote che si fanno sentire.
In mattinata incontriamo i genitori dei fratelli Moretti,
che caricano sulla loro macchina gran parte del nostro bagaglio, rendendocosì
notevolmente più spedita la nostra andatura. Dop un lungo
scorrazzare su e giù per queste colline cariche di vigneti, in serata
siamo loro ospiti a Grazzano Badoglio dove essi stanno trascorrendo le
loro vacanze.
Domenica 20 agosto 1972
Grazzano Badoglio - MILANO , km. 109
Anche oggi si viaggia scarichi.
A Casale Monferrato incontriamo, seduto in un bar ad aspettarci,
il marinaio Eliseo che, in licenza, è venuto in bici a raggiungerci.
Con lui percorreremo gli ultimi chilometri di questo giro.
Roberto vuole arrivare a tutti i costi a Milano
in mattinata, ma per far ciò bisognerebbe disertare tutti i venditori
di angurie tra Casale e Milano.
A un certo punto, i soliti gaudenti che non possono più
resistere, spalleggiati da Eliseo che ovviamente non è in grandissima
forma, richiedono una sosta, ma il presidente, piuttosto che mollare, lascia
che il grupposi spezzi in due: chi arriverà a Milano per l'una e
chi --dopo un'ulteriore sosta a Vigevano per il gelato-- verso le tre.
F I N E
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