Giro Cicloturistico della
Scozia
(Estate 1977)

ALCUNE FOTO DEL GIRO


Diario di viaggio del CICLASPIS in ISCOZIA (1977)

[redatto dall'incaricato V. Brugnatelli]

Partecipanti:

Fausto Brugnatelli, anziano guida
Vermondo Brugnatelli, anziano guida
Paolo Moretti, anziano guida
Pietro Moretti, anziano guida

Venerdì 29 luglio 1977

Partenza in treno da Milano
   Partiamo da Milano nel pomeriggio, in un treno stipato di emigranti e turisti diretti al nord.  Per nostra fortuna un intero scompartimento prenotato a partire da Milano non viene occupato e riusciamo ad installarcici evitando così un penoso attraversamento dell'Europa in piedi.
   Il cartello di prenotazione servirà anzi a tener lontani altri eventuali occupanti, in modo che --accostando tra loro i sedili-- ci facciamo anche delle belle dormite.
   La notte è interrotta due volte dalle operazioni di salita e discesa del traghetto della Manica.
 
 

Sabato 30 luglio 1977

Arrivo a Edimburgo
   Siamo a Londra di prima mattina, e dobbiamo attendere un po' l'apertura dell'ufficio dove ritirare le bici.  Aspettando il nostro turno, notiamo quanta gente sia venuta a Londra portandosi dietro la bicicletta, il che ci fa temere strade intasate da cicloturisti e --ciò che sarebbe peggio-- lotte a coltello per avere i posti negli ostelli.
   Al momento di fare i biglietti per le bici fino a Edimburgo, riceviamo la notizia che la regina, in occasione del giubileo, ha concesso ai cicloturisti che si servono delle ferrovie britanniche la possibilità di portarsi dietro gratis il mezzo.   Ardenti di spirito monarchico carichiamo quindi noi stessi le bici in treno alla volta di Edimburgo.
   Dopo il non breve viaggio scendiamo stomacati dall'osceno spettacolo che i viaggiatori britannici danno di se stessi ingurgitando in un tragitto di circa 600 chilometri almeno 4 lattine di birra a testa e ingolfandosi di pasticcini, tramezzini e porcatelle assortite in quantità industriale.
   A Edimburgo, come sempre nelle grandi città, entrambi gli ostelli sono pieni, ma ci viene indicato un posto dove, a buon mercato, è comunque possibile passare la notte tra quattro mura (e gustare gratis un tè offerto dall'ospite ospitale).
 

Domenica 31 luglio 1977

Edinburgh - Carron Restr. , km. 84
   Le fatiche del viaggio vengono sentite più del prevedibile dai nostri, che solo a metà mattina si accorgono che bisogna svegliarsi.   La sistemazione del carico e qualche ritocco alle bici richiedono altro tempo, cosicché si riesce a partire solo dopo le 11.
   La periferia di Edimburgo è molto estesa, ricca di sobborghi e di strade tra le quali non è facile districarsi (tenuto anche conto che tutto viene complicato dal fatto che si deve fare la mano alla guida a sinistra).
   La cartina ad una scala non propriamente ciclistica e l'avariza scozzese nel mettere i cartelli ci fanno fare qualche giro di troppo; solo a Croxburn (un lungo paese in salita) troviamo la strada giusta, e per fare festa all'avvenimento ci concediamo un pranzetto --ormai nel primo pomeriggio-- sulla panchina dei giardini pubblici, dietro al verde cimitero.
   Nel pomeriggio Pietro (38 chili di bagaglio) fora. Riparata la gomma, mentre è intento a rigonfiarla con forza fa il solenne proposito di dar fondo quanto prima alla gigantesca riserva di scatolame.
   A Falkirk troviamo la prima fontanella del giro (un po' scarsa di acque, ma apprezziamo la buona volontà).
   A Denny gli ameni saliscendi cominciano a farsi sentire sulle gambe dei nostri, tanto più che gli "scendi" sono sempre più rari dei "sali": stiamo per valicare lo spartiacque dell'isola, il che non vuol dire grandi altitudini, ma l'assoluta indecisione della strada che ora sale da matti ed ora ridiscende a far perdere tutta la quota guadagnata fa sì che i dislivelli siano ben maggiori.
   Finalmente nella valle del Carron, ampia e selvaggia, fin le pendenze si placano mentre l'animo si volge a pensieri di pace; ogni umana cura è dimenticata di fronte a questo spettacolo della natura che esclude tutto ciò che non sia muta contemplazione.
   Superiamo il laghetto artificiale che sta in cima alla valle e subito dopo decidiamo di porre le tende su di un pianoro erboso prospiciente la nuda sagoma delle maestose Gargunnock Hills.
 

Lunedì 1° agosto 1977

Carron Restr. - Ardgartan , km. 68
   Fin dal mattino il cielo appare più cupo di ieri (quando pure per tutto il giorno numerosi nuvoloni non avevano  cessato di rincorrersi nel cielo).  Nuvole nere e basse, che però non ci impediscono di partire alla svelta, cercando di riguadagnare il tempo perduto ieri.
   Si sale ancora per poco, dopodiché la strada prende a scendere --prima tra paesaggi alpestri, poi più collinari-- verso Fintry ed il Loch Lomond.
   Ad un'andatura piuttosto vivace (per quanto lo consenta il percorso sempre un po' ondulato) arriviamo verso mezzogiorno a Balloch dove facciamo provviste. Ci fermiamo a mangiare pochi chilometri più avanti, sul lago, in luogo attrezzato per pic-nic.
   Il panorama è stupendo. Lo guasta un po' il traffico, insolitamente intenso, in contrasto con la ristrettezza della strada.
   Nel pomeriggio percorriamo tutta la sponda occidentale del Loch Lomond senza quasi interruzioni, con la sola eccezione di una rapida sosta per cogliere funghi adocchiati dalla strada.   Dopodiché, piegando a sinistra, ci troviamo quasi subito ad Arrochar sul Loch (questa volta nel senso di fiordo, non di lago) Long, dove un leggero piovasco si tramuta in pioggerellina insistente e poi vera pioggia.   Decidiamo così di abbreviare la tappa e fermarci ad Ardgartan, dopo qualche chilometro, sempre sul fiordo, dove un ostello accogliente ci ospita e ci permette di cucinarci come si deve un saporito risotto coi funghi trovati in precedenza (Boletus Scaber ?).
 

Martedì 2 agosto 1977

Ardgartan - Ardgartan, km. 0
   Una spiacevole sorpresa ci riserva il mattino. Una pioggerella più o meno fitta decreta il ritardo della partenza.   Tiriamo quindi fuori le bici dal ripostiglio, perché più tardi l'ostello chiude e noi vogliamo tenerci pronti.   Accatastato il bagaglio nell'atrio, ci attestiamo ivi sul piede di partenza.   Sfortunatamente questa pioggia è di un genere affatto diverso da da quello pronosticato: non sono brevi scrosci tra sprazzi di calma, ma un'ininterrotta pioggerella fine senza interruzione.
   La riapertura dell'ostello, alle 4, ci coglie sempre nell'atrio.  Perciò decidiamo di arrenderci e prendiamo posto anche per oggi in ostello.   Il resto della giornata --mentre il tempo non mostra miglioramenti di sorta-- è trascorso in abbrutenti passatempi, tipo un ignobile puzzle di 500 pezzi rappresentante la famiglia reale nell'anno del giubileo, che viene composto due volte di seguito!
 

Mercoledì 3 agosto 1977

Ardgartan - Arduaine , km. 100
   Al mattino Paolo trema: ha scommesso due cose per lui preziosissime che oggi sarà bel tempo, ma al risveglio piove ancora tristemente.   Quando c'è già chi affila i coltelli, ecco miracolosamente alzarsi un po' di vento che disfa le nubi e le disperde, lasciando posto ad un nitido sole.
   Entusiasmo dei nostri --che non apprezzano l'inattività-- e fervore di preparativi.
   Come "job" mattutino (obbligatorio negli ostelli britannici) spazziamo la camera e le scale a velocità di fulmine, carichiamo le bici e partiamo.
   La valle che ci porta ad un breve passo di 260 m. circa è indimenticabile.   Ringraziamo il cielo di non averla percorsa ieri sotto la pioggia: lo spettacolo è fantastico.   Non per nulla le cartine al posto del nome del passo recano questa scritta: "Rest and be thankful", invito a riposarsi in cima ringraziando il Signore di questa meraviglia.
   Questa verde conca allungata, ammantata ora di pascoli ora di boschi, sembra veramente un luogo di sogno e spiace doverla abbandonare.
   Scendiamo pedalando per via di un fortissimo vento contrario, quindi costeggiamo in piano un fiordo su cui giace Inveraray, minuscola cittadina dotata di tanto di castello, con turisti e suonatori di cornamusa.
   Continuiamo a costeggiare il fiordo, salendo ogni tanto per tagliare promontori, e ci troviamo per colazione a Furnace, paese dal nome --a nostro avviso-- non precisamente nordico.
   Qui mangiamo in un prato dove purtroppo a un certo punto un fracassone locale decide di esibirsi in motorino da cross.
   Ripartiti, costeggiamo sempre il fiordo fino a Loch Gilphead, dove ci riposiamo su un morbidissimo prato all'inglese.   La strada da qui si inoltra nell'interno, dapprima in piano, poi con qualche saliscendi malandrino, tanto più sofferto in quanto affrontato dopo una birra cominitaria a Kilmartin, in occasione della visita al suo antico cimitero.
   Sul più lungo di questi strappi Vermondo è appiedato dalla rottura di un raggio della ruota posteriore.   La ruota viene risistemata in qualche modo, e il viaggio riprende.
   Caliamo ora --tra cairns (antiche tombe celtiche) e menhirs-- sul mare, in posti dall'aspetto paradisiaco.   Purtroppo, però, all'aspetto non fa riscontro un'agibilità dei luoghi, in modo che il campeggiare diventa problematico.   Decidiamo di tirare avanti, ed è solo dopo un'altra puntata nell'interno che --ad Arduaine--, ritornati sul mare, decidiamo di infilarci in un campeggio a pagamento.
 

Giovedì 4 agosto 1977

Arduaine - Oban , km. 32
   Nella notte un vento impetuoso ha spazzato il campeggio, ed un diluvio ha tentato di sommergerci.
   Non c'è riuscito, ma l'atmosfera mattutina non pare comunque delle più rilassanti.
   A tarda ora approfittiamo di un momento di cupa minaccia non accompagnata da rovesci per ripartire.   Oban è soltanto ad una ventina di miglia, ma qualche su e giù un po' marcato, contrastando con la nostra fretta, si fa sentire più del dovuto.
   Facciamo una sola sosta per rimpinzarci di latte fresco e biscotti, e arriviamo nel primo pomeriggio.   Facciamo una bella spesa di fronte ad un ciclista inspiegabilmente chiuso, e subito dopo ricomincia a piovere.
   Troviamo riparo sotto una tettoia e lì decidiamo il da farsi.   Saputo che l'ostello apre alle 5, pensiamo di avere tempo per accompagnare Fausto da un dottore per l'unghia del piede destro che --già un po' in crisi prima della partenza-- pare ora dargli ancora più noia.
   Ottenute gratis vaghe spiegazioni e materiale da medicazione, ci portiamo --sotto gli scrosci più forti-- all'ostello, dove scopriamo una lunghissima coda già in attesa.    Aspettiamo pazientemente sotto l'acqua, per scoprire che non c'è più posto.
   Rapida corsa al Tourist Information per scoprire che dalle 17.30 alle 18.30 questo chiude -- evidentemente per farsi un tè.  Alla riapertura troviamo solo B&B (Bed & Breakfast) da 3 sterline in su.
   Veniamo infine indirizzati dall'amabile mrs. Scott, una loquacissima scozzese purosangue che ci accoglie tra una valanga di parole (in pochi minuti ci spiega nei dettagli ogni sua visita all'Italia), al modico prezzo di £ 3.30 a persona.
 

Venerdì 5 agosto 1977

Oban - Black Cottage  , km. 80
   Alla sveglia l'orologio di Polo fa cilecca: segna le 6.30 quando sono già quasi le 8.   Per fortuna mrs. Scott è puntuale e ci dà lei la sveglia.
   Un gustoso bacon and eggs con pane imburrato, tè e aranciata ci danno il buongiorno.   Ma il miglior inizio della giornata è testimoniato dal bel sole che sembra avere finalmente avuto la meglio sulle nuvole imbrifere.
   Vermondo trova finalmente aperto il negozio di biciclette e compra due raggi nuovi.
   Poco dopo la partenza, grossa emozione per Paolo, che --nel prendere la macchina fotografica-- se la lascia sfuggire con conseguente caduta e vetri infranti.  Per fortuna è andato rotto solo un filtro esterno, ma l'ottica è rimasta intatta.
   Nuovo brivido poco fuori del paese: con un colpo secco, un altro raggio parte dalla ruota posteriore della bici di Vermondo.   Per fortuna la ruota libera si fa estrarre senza difficoltà, e così la sostituzione è roba da poco.
   Nella fretta, però, non tutto si riesce a fare bene, e così dopo un po' facciamo una nuova sosta per la foratura di una gomma, rimasta pizzicata nelle operazioni precedenti.   Tra tutte queste soste (altre ce ne sono state per fotografie e raccolta di funghi) stiamo facendo tardi.
   E' sotto il sole a picco che affrontiamo il "pass of Brander", paesaggio descritto dalla guida come cupa gola, ma che sotto i sapienti raggi del sole assume un aspetto molto più allegro e distensivo del temuto.
   Facciamo colazione in posizione panoramica rispetto ad un ennesimo lago, e Vermondo ne appprofitta per un'ulteriore centratina della ruota.
   Nel pomeriggio il paesaggio si fa affascinante: lasciamo sulla destra la strada "principale" e ci avviamo su una stradina deserta per una valle ampia, soleggiata e solitaria che fa gridare al miracolo: il Glen Orchy. Non mancano perfino i soliti osceni che propongono di terminare qui il giro...
   La pendenza è dolcissima, dovendosi superare poche centinaia di piedi di dislivello.   Ci godiamo lungamente questo percorso da 5 stellette, che resta fantastico anche al ricongiungersi della strada "principale", ai piedi di alte colline lontane, in un'amplissima conca verde che dà il senso dell'infinito.
   La strada tenta di salire ancora un po', ma la cima è a 1000 piedi, vale a dire meno di 350 metri, per cui ogni tentativo di aumentare la pendenza è comunque molto debole.
   In cima all'ampia valle c'è un immenso altopiano costellato di laghetti dalle acque torbose. L'ambiente appare sempre più fantastico.
   Sarebbe molto bello accamparci qui, ma il fondo acquitrinoso non permette la posa di tende.   Per fortuna ad un certo punto scorgiamo un cottage chiuso con annesso praticello verde, dove ci stabiliamo.
   Siamo sotto una delle tre stazioni di sci invernali della Scozia.   Così ci informa verso sera un tipo che ci aveva scambiati per un gruppo di alpinisti di Aberdeen che pare dovessero essere alloggiati nel cottage, e cui il nostro voleva aggregarsi.
 

Sabato 6 agosto 1977

Black Cottage - Glen Nevis , km. 69
   Anche questa mattina abbiamo un bel sole, che illumina lo stupendo, immenso scenario della sera.
   Nottetempo sono arrivati --in macchina-- gli occupanti del cottage, ma non ci hanno né tirato giù la tenda né disturbato in alcun modo.   Si tratta di una allegra compagnia di ragazzi e ragazze che dovrebbero --almeno in teoria-- scalare qualcuna delle cime circostanti.   In realtà, data l'eterogeneità delle attrezzature (dal tipo Himalaya o Annapurna al tipo Rimini o Cesenatico) deduciamo trattarsi di gente che con la montagna non ha molta dimestichezza.
   Partiamo in fretta, senza fare colazione, e ci gustiamo la discesa --sempre tra scenari favolosi-- fino a Glen Coe, dove troviamo il latte fresco.
   Dopo avere fatto la spesa e la colazione, ripartiamo costeggiando il Loch Leven, fiordo di recente superato da un ponte che abbrevia di parecchio la strada, ma che noi, non avendo fretta, disdegniamo.
   Anche il traffico è meno intenso: attraversano tutti il ponte.   Così ci gustiamo ancora di più l'ambiente raccolto e sereno.
   Tra l'altro, un paio di volte ci fermiamo attratti dalla vista allettante di qualche grosso Boletus Scaber visibile fin dalla strada.
   Poco dopo il giro di boa a Kinlochleven sostiamo per mangiare, ma prima --emozione ancora non provata-- riusciamo a fare il nostro bagnetto nell'Atlantico.   Un'emozione che vale davvero la pena di qualche brivido.
   Nel pomeriggio -- a parte le solite soste-boleti -- tendiamo a pedalare un po' di più, per non arrivare tardi all'ostello di Glen Nevis.
   A Fort William facciamo la spesa anche per domani, e quando finalmente, prima delle sei, arriviamo all'ostello, veniamo accolti da sguardi ironici: pare che già alle tre ci fosse una coda mostruosa, superiore alla capienza dell'ostello.   Colpa del week-end.
   Troviamo comunque riparo in un camping, dove -- sarà il bel tempo, sarà il clamoroso risotto con funghi (c'è chi dice: funghi con risotto) che solo stomaci audaci ingeriranno per intero -- l'allegria è presto ritrovata.
 

Domenica 7 agosto 1977

Glen Nevis - Glen Nevis , km. 0
   La giornata odierna è completamente dedicata alla scalata della più alta vetta delle Isole Britanniche, la famigerata Ben Nevis, che con i suoi 4400 piedi di altezza può anche spaventare, se non fosse che in metri risulta alta intorno ai 1300 m. s.l.m.
   Dalla verde e boscosa vallecola in cui è posto il campeggio ripide tracce di sentiero conducono al sentiero vero e proprio ...  Per chi è abituato alle Alpi, un'autostrada.   Essendo oltretutto domenica, l'autostrada è affollatissima, e, vedendo il lungo sentiero sul monte brulicante di viandanti, scomoderei quasi l'espressione "immagine biblica", se non fosse per qualche particolare non precisamente biblico, come la birra in lattine o le variopinte giacche a vento.
   La scarpinata è lunga (partiamo dal livello del mare), dapprima tra verdi prati e freschi ruscelli, poi, dopo aver costeggiato un minuscolo laghetto, tra pietre e sassi.
   Sulla cima, naturalmente, le poche nuvolette della regione si sono date convegno, e così il previsto "panorama circolare" di 160 miglia appare veramente uniforme in modo circolare.
   La discesa è quasi lunga quanto la salita per noi, muniti di scarpe non propriamente da montagna, ma anche e soprattutto per tanti "biblici" turisti venuti con scarpette di vernice a farsi questa interminata scarpinata in mezzo ai sassi.
   Al termine della discesa, sopraffatti dal caldo che fa al livello del mare, corriamo al campeggio, in cerca del sollievo che solo una buona mangiata e un ancor migliore sonno possono dare.
 

Lunedì 8 agosto 1977

       Glen Nevis - Mallaig , km. 77

   Ci svegliamo tutti ancora un po' indolenziti dalla camminata del giorno precedente, tardi (l'orologio di Paolo fa ancora le bizze), ma siamo subito messi di buon umore dal tempo, che pare proprio offrirci una mattinata senza nuvole.
   La partenza vera e propria è ulteriormente ritardata da qualche acquisto e spedizione di cartoline nel centro di Fort William, e da una breve indagine sulla possibilità di visitare una distilleria di whisky.
   La zona intorno a Fort William è un po' industrializzata, per cui nei primi chilometri ci imbattiamo nei noti odori che la Lombardia offre in località tipo Pero o Varedo.   Costeggiamo dapprima un fiordo, il che sarebbe anche romantico se non fosse che per tutta la durata di questo tratto la strada è in rifacimento ed i lavori in corso ci riconducono alle banalità della vita.
   Per colazione ci attestiamo nei pressi di un laghetto (così appare a noi, in realtà è la cima di un lago di lunghezza tutt'altro che indifferente).
   Nel pomeriggio cominciano dei saliscendi piuttosto marcati.   Dapprima -- quasi subito dopo pranzo -- una ripida salita, per raggiungere il torrente seguendo il quale arriviamo prima ad un lago e poi al mare.
   E proprio in vista di un nuovo fiordo, affascinato da tanta bellezza, nella ruota posteriore di Vermondo, che da Oban si era mantenuta in ordine, si spacca un altro raggio.   La cosa appare un po' deprimente, e certo al morale dei nostri non giova il continuo altalenare, come su montagne russe, assunto dalla strada sulla costa.
   Non si tratta più di brevi e temperate salite e discese per superare ostacoli naturali, ma di veri e propri strappi a folle pendenza sia in salita che in discesa, evidentemente architettati in modo completamente arbitrario da un geometra impazzito.   A Mallaig arriviamo al termine di una salita che viene dai più paragonata a quella di Montevecchia...
   Purtroppo la tarda partenza e l'incidente meccanico ci hanno fatto far tardi, ed alle 8, ora in cui arriviamo, il traghetto deve sì ancora partire, ma i biglietti sono già stati venduti tutti e non c'è più posto nemmeno per uno spillo oltre alle montagne di auto che si sono ammassate sul moletto in attesa di essere caricate.
   Ormai piuttosto provati, cerchiamo e troviamo un posto da tenda su un piccolo promontorio erboso appena oltre il paese.   E qui una pastasciutta, davanti al grandioso spettacolo del tramonto sull'isola di Skye, suggella questa nostra giornata.

Martedì 9 agosto 1977

Mallaig - Broadford , km. 77
   La sveglia è forzatamente molto mattiniera, dovendosi prendere il traghetto delle 8.15 per Armadale.   I biglietti sono in vendita a partire dalle 7.45, ma ammaestrati dalla visione dell'affollamento del molo la sera prima, ci troviamo sul posto con qualche minuto di anticipo.   E facciamo bene, perché nonostante l'orario mattiniero troviamo numerose persone già in coda per il biglietto.
   La traversata è rapidissima, certo più breve dell'operazione di carico e scrico delle macchine e bici per mezzo di un ascensore molto rudimentale.
   All'arrivo scopriamo che Armadale, inteso come paese, non esiste.   E' un nome che convenzionalmente viene dato al molo di attracco, alla biglietteria e ad un minuscolo negozietto.
   Percorriamo qualche chilometro di moderati saliscendi, e ad uno sparuto gruppo di case con negozio (segnalato da cartelli come fosse un paese) decidiamo di arrenderci ad una colazione senza latte fresco: sull'intera isola di Skye pare non esservene traccia.
   La strada è stretta, ma non ci passano quasi automobili (come scoprì a sue spese Paolo quando ci venne in autostop), e percorre dapprima la costa boscosa, per poi tagliare l'isola attraverso uno sconfinato altipiano erboso (percorso da immancabili greggi di pecore), e ritornare sul mare all'altezza di Broadford.
   Ben prima di tutto ciò, comunque, lo sconfinato ottimismo dei nostri amici viene nuovamente deluso dall'ennesimo raggio che si rompe alla bici di Vermondo.   Come se ciò non bastasse, nel rabberciare la ruota si ha modo di notare che ha ceduto anche qualche cos'altro di ben più temibile: il perno del mozzo della ruota.   Vermondo riesce (con un capolavoro di arte di arrangiarsi) a sistemare la bici in modo da poter riprendere il cammino.
   A Broadford si mangia, si cerca (ma non si trova) posto in ostello (già completamente prenotato), e si reperisce infine, dopo lunghe ricerche, un posto dove accamparci.
   Vermondo col fedele gragario Pietro parte a bici scarica e coi ferri diretto a Kyleakin (a 8 miglia di distanza), dove --gli hanno detto-- potrà trovare un ciclista.
   Nonostante l'ora avanzata (tutte le operazioni precedenti sono avvenute non senza una qual perdita di tempo) il ciclista è ancora aperto --anche se ha fretta perché deve chiudere-- e procura un mozzo nuovo (anche se forse non perfettamente identico al precedente) al nostro sfortunato eroe.
   Che rientra a Broadford a velocità vertiginosa, spinto dalla contentezza di avere un mozzo nuovo, dal fatto di avere la bici scarica ed un gregario che gli dà il cambio, e infine dalla fame i cui primi morsi si stanno facendo sentire.
   Le tende sono in un luogo brulicante di moscerini, il che non ci impedisce di gustare una buona spaghettata.   A conclusione di questo giorno movimentato, la sera scorrazziamo per i pub di Broadford in cerca di birra buona.
 

Mercoledì 10 agosto 1977

Broadford - Broadford , km. 135
   Non facciamo in tempo a scendere in paese dal luogo di attendamento (tra sciami di fastidiosissimi moschini) che Vermondo --bang-- rompe un altro raggio.   E siamo a tre.   Ora non è proprio più il caso di andare avanti.
   Così si decide di prenotare il posto in ostello per la sera e, mentre Vermondo andrà a cercarsi i raggi (impresa ritenuta difficilissima essendo le bici locali di dimensioni inferiori alle nostre), gli altri tre partono a bici scariche per il giro dell'isola.
   Vermondo è fortunato perché --ritornato in autobus dal ciclista di Kyleakin-- riesce con calma a farsi dare dei raggi che scopre essere assolutamente identici a quelli di dimensioni italiane.   Per l'una ha finito le riparazioni e decide di tornare a piedi, ma viene quasi subito caricato da un camionista fermatosi senza neppure bisogno del pollice tradizionalmente teso.
   Gli altri tre scoprono le bellezze dell'isola, ma anche gli errori dei propri calcoli: invece di un giro superiore di poco al centinaio di chilometri, il percorso risulta di circa 135 chilometri, di cui quasi nessuno in piano, come peraltro era facilmente prevedibile visto che le strade secondarie --e tali sono quelle che percorrono quest'isola-- paiono prediligere le asperità.
   Cotti dal sole e provati dalle asperità, i nostri eroi fanno ritorno verso le 19.30 in ostello dove apprendono dell'aggiustatura della ruota e dell'ampia scorta di raggi, e si rifocillano finalmente tra quattro mura.
 

Giovedì 11 agosto 1977

Broadford - Achnasheen , km. 79
   Subito dopo la partenza dall'ostello l'ottimismo cui si è abbandonato Vermondo, a raggi completi e ruota ben centrata, subisce un fiero colpo.  Un secco "TWANG" lo riporta alla realtà: un altro raggio è andato.   Per precauzione a Kyleakin facciamo ulteriore scorta di raggi (non si sa mai nelle lande più settentrionali che cosa può succedere).
   Il traghetto --brevissimo-- è una formalità.   A Kyle of Loch Alsh spesa e riparazione, nel corso della quale si scopre --almeno sembra-- il mistero delle rotture dei raggi a ripetizione.   Qualche tempo fa Vermondo ha fatto mettere ra raggi e ruota libera un disco metallico per evitare di tranciare i raggi se la catena esce oltre l'ultima corona.   Si dà però il caso che proprio questo disco presenti varie sporgenze di lamiera tagliente, in modo che da usbergo contro la rottura dei raggi è passato nella condizione di propiziatore di tali disdette.   Si è tradito con quest'ultimo raggio, che appare troppo sfacciatamente tranciato da un corpo estraneo.
   Risistemata la ruota, senza più --ovviamente-- il disco malfattore, partiamo finalmente sotto un sole infuocato.
   Costeggiamo dapprima il Loch Alsh, con qualche discreto saliscendi, sulla strada principale.   Dopo un po' pieghiamo a sinistra verso le strade del nord, meno intasate dal traffico e --speriamo-- più incontaminate.
   L'inizio, da questo punto di vista, è alquanto deludente: stanno modificando il tracciato e i lavori in corso, lungi dal modificare --per il momento-- la pendenza (per il momento abbastanza spaventosa), ci offrono sbuffi di sabbia rovente e puzze tagliafiato.   Sulla cima un pezzo di strada nuova, rettilineo, con asfalto ancora molle e sotto il solleone, acuisce il senso di rosolatura.
   Dopo qualche ulteriore su e giù ci fermiamo a mangiare in un fitto bosco poco oltre Stromeferry.
   Nel pomeriggio, dopo la ridiscesa sul Loch Carron, affrontiamo un percorso che, per evitare il taglio di una galleria, prevede una salita a pendenze incredibili seguita da una discesa altrettanto repentina.   Sul culmine della salita a Vermondo non cede il cuore, come teme la sua pavida genitrice, e neppure un raggio, come un malevolo lettore potrebbe insinuare, bensì una banale gomma, probabilmente bucata dalla punta di uno di quei raggi che fino a ieri temevamo troppo corti!
   Dopo questo ennesimo contrattempo, scendiamo a Straith Carron e prndiamo a risalire l'ampia valle del Carron.   L'ambiente è ampio e soleggiato, e si presta alla gaudenza, così l'andatura non è certo folle.
   Sono già le 7 quando arriviamo ad Achnasheen, tre case sprovviste di negozi, dove decidiamo di campeggiare.
   E qui l'ultimo giallo della giornata: l'assalto dei moschini.   Tappati nelle tende, cercando di arginare le nubi multironzanti, i nostri eroi dapprima si limitano ad isolarsi il più possibile dal mondo esterno, poi, dopo la cena (consumata sempre al riparo) si opta per un trasferimento in massa al pub, in attesa di tempi migliori.
 

Venerdì 12 agosto 1977

Achnasheen - Gruinard , km. 74
   Né la situazione muta al mattino: tutte le operazioni possibili per la partenza vengono svolte in tenda.   Le tende stesse invece vengono smontate da una specie di pattuglia dell'IRA, quattro uomini intabarrati e fin col viso coperto dal passamontagna.
   Subito dopo la partenza, costeggiato un ennesimo delizioso laghetto, ci troviamo in breve su un culmine da cui una discesa tra panorami indescrivibili ci porta a Kinloch Ewe.   Qui troviamo finalmente il latte fresco e facciamo colazione e spesa.
   Proseguendo, costeggiamo il Loch Maree, lungo lago fiancheggiato da fitte foreste e da un parco naturale.
   Il sole, oggi molto forte, ne tinge le acque di un bell'azzurro intenso ma comincia a far sudare notevolmente i nostri.   Specialmente nella salita della strada che dal lago predetto porta a Gairloch.   Per distrarsi, Paolo si infila nel bosco riemergendone dopo poco carico di porcini.
   Sul mare scopriamo una lunga spiaggia sabbiosa, identica a quelle più famose dell'Adriatico, anche se di queste meno affollata.   La decisione è unanime: prima di colazione faremo un secondo bagno nell'Atlantico.
   Nel pomeriggio la tappa è più movimentata, come sempre quando si sta nei pressi della costa, ma non proprio sul mare.   Dop una discesa su Inverewe la strada si fa sempre più panoramica, anche se a discapito delle nostre gambe.
   A pomeriggio inoltrato, trovato a Gruinard un posticino adatto, montiamo le tende e subiamo una volta di più l'attacco dei moschini.   Il riso coi funghi trovati in mattinata viene gustato nelle tende, ci si cosparge di creme e si attende che l'oscurità porti via le bestiacce.
 

Sabato 13 agosto 1977

Gruinard - Loch Lurgainn , km. 90
   Solita battaglia mattutina contro i moscerini, ma alla fine ce la facciamo a partire.
   All'attacco della prima salita Paolo rompe un raggio, con propria visibile stupefazione ed intimo gongolamento di Vermondo, che dopo un'intera giornata che non deve più toccare quella sua maledetta ruota posteriore si sente ormai al sicuro da sorprese.   Riparato il guasto, saliamo con un forte vento contrario sulla costa del Little Loch Broom, dove, non rovando negozi, ci decidiamo a far colazione senza latte.
   Sul fondo del loch attacchiamo una salita che ci porterà ad oltre 1000 piedi di quota.   E qui Vermondo riceve una clamorosa delusione rompendo un altro raggio, ancorché in posizione facilmente accessibile.
   Nella breve sosta per la riparazione (ormai Vermondo ha raggiunto una velocità da professionista) vengono reperiti i soliti boleti edùli che arricchiranno il riso di stasera.
   La salita è tutta sotto il sole; l'unico refrigerio è dato da ampie folate di vento, purtroppo decisamente contrario.
   Dopo la cima ci fermiamo in discesa a visitare delle gole particolarmente impressionanti, specie per i Britannici, che sono abituati a morbide colline.
   Pranziamo all'inizio del Loch Broom, un po' parcamente, per la verità, avendo noi quasi finito le provviste, ma d'altra parte è dalla partenza che non vediamo né paesi né negozi.
   Nel pomeriggio balziamo su Ullapool (Vermondo intanto ha riparato a lampo un secondo raggio, rotto da parecchio tempo ma sempre tenuto sotto controllo).   Nell'ultima "città" prima dell'estremo nord facciamo spese gigantesche, in previsione sia della domenica sia del ferragosto.
   Ripartiti, affrontiamo gli ultimi e più "gnucchi" saliscendi della giornata che ci portano attraverso una stradetta astuta nell'interno, sul bellissimo laghetto Lurgainn.
   Qui Fausto trova un eskimo abbandonato ma ancora in piena efficienza e se ne impossessa; inoltre troviamo un posto da tenda, dove l'unico inconveniente è il notevole vento che ritarda --unito all'esaurimento di entrambe le bombole-- la preparazione del risotto.
   Particolare positivo l'assenza --finalmente-- dei moschini.
 

Domenica 14 agosto 1977

Loch Lurgainn - Laxford Bridge , km. 82
   Dopo una notte ventosissima (ma le tende hanno tenuto perfettamente), partiamo con il cielo coperto da nere nubi e un forte vento a nostro favore.
   La stradetta stuta si rivela veramente tale.   Seguiamo fino alla fine il Loch Lurgainn, un po' corruscato dalle onde che si susseguono a raffiche.   All'estremità del lago pigliamo a destra cominciando a salire.   Il panorama, nonostante le nubi, è esteso e favoloso, comprendendo estese brughiere, laghetti, e, più lontane, montagne dall'aspetto imponente.
   Una veloce discesa ci porta a Inverpolly Lodge, dove visitiamo un allevamento di salmoni aperto al pubblico.
   La stradetta --come sempre quelle astute-- offre notevoli motivi di gaudenza all'occhio, e un po' meno alle gambe.   Se infatti i panorami sono veramente spettacolari (anche nei tratti in riva al mare, con muretti a secco e vista sulle numerose insenature), le pendenze sono tuttavia abbastanza sensibili, specie dal momento che dopo un po' ci troviamo col vento decisamente contrario.
   Pietro riesce comunque a consolarsi trovando abbandonato un intero materassino da campeggio, anche questo in perfetto stato.
   Dopo infinite discese al mare e altrettante risalite verso l'interno, arriviamo a Loch Inver, dove ricomincia la strada a due corsie.   L'ambiente è sempre notevole, tanto più che il tempo è un po' meno cupo, pur permanendo coperto il sole.
   Anche lo stradone non rifugge da pendenze abbondanti, il che --unito al vento sempre contrario-- serve a deprimerci alquanto.
   Pranziamo rapidamente sul Loch Assynt, e nel pomeriggio attacchiamo di nuovo a salire, questa volta in favore di vento.   Sui soliti 1000 piedi circa troviamo il solito passo da cui caliamo, in ambiente sempre più fuori dal mondo, al brevissimo traghetto di Kylesku [Nel 1984 il traghetto è stato sostituito da un audace ponte a una sola arcata NdR].
   Da Kyle Strome (sull'altra sponda) incomincia di nuovo una strada ad una corsia, con le solite pendenze da capogiro.   Come al solito, però, l'ambiente selvaggio e ormai quasi artico ci distrae da questi accidenti transeunti.
   Verso sera arriviamo a Laxford Bridge, dove decidiamo di campeggiare.   Qualche disturbo ci è dato solo dal vento, che soffia con il consueto impeto; per il resto guardando il programma e scoprendo di essere in vantaggio clamoroso, passiamo una serata di allegro ottimismo.
 

Lunedì 15 agosto 1977

Laxford Bridge - Capo Wrath - Durness , km. 73
   Risveglio tragico: i moscerini, la sera prima tenuti alla larga dal vento, approfittando di un notevole calo di quest'ultimo ci accolgono all'alba con raffiche a dir poco infernali.   Per fortuna a Ullapool ci eravamo precipitati in farmacia ad acquistare prodotti repellenti che --leggiamo sulla scatola-- sono stati usati con successo nel corso di spedizioni in Norvegia.   Riusciamo così a rendere quanto meno sopportabile la situazione, e --fatta colazione in tenda-- fuggiamo.
   Un breve strappetto iniziale seguito dal solito su e giù tra laghetti e brughiere ci conduce a Rhiconich, dove comincia l'ultimo passo prima del fiordo "conclusivo".   Le pendenze non sono proibitive e non ci mettiamo molto a trovarci sulla cima, nel solito ambiente sconfinato e suggestivo.
   In discesa troviamo la prima vera fontana del giro, costruita nel secolo scorso dall'ingegnere che costruì anche la strada.
   Arriviamo finalmente sull'ultimo fiordo: il Kyle of Durness, dove ci stacchiamo dalla strada principale diretti al Capo Wrath.   Non esistendo collegamento stradale diretto, bisogna prendere una barca (nel vero senso della parola: max. 10 persone), il che fa molto folklore ma ci fa anche prendere qualche spaghetto, per via delle bici, pericolosamente piazzate quasi fuori bordo, al pelo dell'acqua.
   Dopo l'approdo, ci troviamo su di una strada lunga circa 11 miglia, senza macchine, a parte due soli pullmini che trasportano viaggiatori fino a Capo Wrath.   L'aspetto incontaminato e selvaggio dell'ambiente circostante è sottolineato da questa stradetta --asfaltata sì, ma con giganteschi ciuffi d'erba al centro-- percorsa solo da 4 cicloturisti sgodazzoni, che pensano al ben diverso ferragosto che i loro conterranei staranno trascorrendo in luoghi ameni e rilassanti, ancorché non precisamente incontaminati della riviera adriatica.
   Tra praterie vergini e brughiere a perdita d'occhio, superati gli inevitabili saliscendi delle stradette astute, arriviamo finalmente a Capo Wrath [lat. 58° 37' 39" N]  Questo è il punto più a nord del nostro giro, della costa ovest, e quasi della stessa Scozia, se si eccettua una protuberanza stazza parecchio più a est, che forse lo batte, comunque di un'inezia.
   Sotto il grande faro che lo sormonta vediamo altri cicloturisti, in particolare due anziani coniugi di 65 e 61 anni che da decenni viaggiano insieme in tandem.
   Al ritorno il paesaggio non cambia; cambia invece il vento che ora è fortemente contrario e ci fa sudare un po' più del dovuto.
   Dop l'ormai consueta operazione di trasbordo acrobatico delle bici sul fiordo, cerchiamo --ormai è tardi-- un posto per la notte.   Il tentativo all'ostello di Durness va, come sempre, a vuoto.   Ci accampiamo allora nei pressi, in un luogo privo di moscerini ma ventoso in misura forse eccessiva.
 

Martedì 16 agosto 1977

Durness - Altnaharra , km. 68
   Ci svegliamo con le tende sempre vibranti per un forte vento, che in compenso ha spazzato via tutte le nubi, tanché il cielo appare quasi completamente sgombro e d'un azzurro paragonabile a quello del mare.
   Perdiamo del tempo alla ricerca di un negozio, che non si trova.   Allora, piuttosto che tornare nell'abitato di Durness dove sicuramente ci sono dei negozi ma anche alcuni saliscendi che di prima mattina ci sentiamo di evitare, facciamo colazione sul posto.
   Il percorso si snoda per poco lungo la costa dell'Atlantico, piegando dopo qualche chilometro a destra per seguire l'ultimo fiordo del giro.   E' un fiordo abbastanza lungo e circondato da basse e dolci colline.   Poco prima del termine del periplo del fiordo la strada entra nell'interno con qualche su e giù un po' marcato.
   Noi prendiamo quasi subito una stradetta secondaria, come al solito astuta e degna della più alta menzione (5 stellette Ciclaspis).   Le pendenze (è strano, per una stradetta astuta) quasi non esistono.   Si costeggia lungamente uno stretto lago, tra pascoli e boschetti.
   In seguito ad una casuale scoperta, Vermondo decide di far sostare tutti a lungo per meglio gustare le bellezze della natura mentre lui riparerà i due raggi (diventati tre al momento della sosta) che, in seguito a strapazzi del giorno prima da catena mal regolata appaiono (che originali!) rotti.   L'impresa richiede un certo tempo, ma nessuno  --ci siamo fermati a mangiare su una spiaggetta incantevole-- se ne lamenta.   Ripartiamo a pomeriggio inoltrato, continuando a trovare panorami entusiasmanti: un'inconsueta avllecola pianeggiante tra due montagne d'aspetto più aspro del solito, e più avanti i consueti ma sempre ben accolti spazi infiniti ricoperti da praterie e verdi boschetti.
   Arriviamo così in serata ad Altnaharra dove torniamo a incontrare la strada "principale" (sempre a una sola corsia, con banchine di sorpasso) e troviamo un verde prato per accamparci.
   I moschini che ci assalteranno tutta la sera sono ormai considerati un'abitudine.
 

Mercoledì 17 agosto 1977

Altnaharra - Carbisdale Castle , km. 45
   Alla sveglia un brivido di terrore: nere nubi addensate a bassissima quota sembrano promettere piogge torrenziali.   Tormentati da questo nuovo pensiero e dai soliti moscerini, facciamo una rapida colazione e partiamo.   Dobbiamo superare il solito "passo" di circa 1000 piedi s.l.m., che in 21 miglia ci porterà a Lairg.
   Pedaliamo tra nubi sempre più dense, che pian piano ci avvolgono, condensandosi talora su di noi.   Facendo finta di niente, pedaliamo imperterriti sperando che il tempo tenga.
   Inutile precisare che il panorama questa volta è spazioso al punto di dare l'idea dell'infinito.   Lunghi rettilinei appena appena ondulati, fiancheggiati da una rudimentale linea elettrica e con la fine persa tra le nebbie sembrano veramente destinati a dissolversi nell'infinito.
   Più prosaicamente, invece, ci portano al paese di Lairg, in cui riusciamo finalmente a fare una spesa, dopo quella di sabato a Ullapool.
   Il tempo continua a mostrarsi indeciso, e noi continuiamo a non farci caso.   Uscendo dal paese ci fermiamo un po' attratti dall'imponente e festoso spettacolo di un'asta di pecore, con numerosissimi recinti gremiti di ospiti belanti e un accalcarsi festoso di campagnoli vestiti a festa intorno ad un indaffaratissimo banditore.
   Proseguendo la strada, ormai a basse quote ma sempre amante dei saliscendi, giungiamo a vedere il castello che --adibito ad ostello della gioventù-- dovrebbe accoglierci.   La strada ne è però separata da un fiume il cui unico valico appare Bonar Bridge, un ponte a circa 4 chilometri.   I nostri, però, che sono furbi, sulle orme di altri tipici ospiti da ostello visti poco prima, superano il fiume sul ponte della ferrovia, risparmiando così circa 8 chilometri ed arrivando al castello in tempo per mangiarvi davanti e mettersi in coda per il posto: questa volta non vogliono restare esclusi.
   In attesa dell'apertura, nel pomeriggio c'è chi va a caccia di funghi, ritornando con Boletus Rufus in quantità tale da insaporire il risotto e inoltre da costituire un "secondo" comunitario a sé.
   L'ostello che ci ospita è un grande castello rimodernato contenente opere d'arte, quadri, sculture, saloni stuccati ecc. (c'è perfino chi assicura anche la presenza del fantasma), e valeva bene la pena di fare le corse per riuscire ad entrarci.
 

Giovedì 18 agosto 1977

Carbisdale Castle - Invermoriston (pressi) , km. 102
   Dopo avere sbrigato un "job" mattutino alquanto complicato (comprendeva l'uso dell'aspirapolvere, munito di incredibili prolunghe per raggiungere le poche prese elettriche del castello), partiamo sotto il solito cielo plumbeo.
   Dopo qualche chilometro lungo un basso fiordo del Mare del Nord, la nostra strada gira a destra, salendo non poco, per scavalcare le colline e ripiombare sul mare prima di Dingwall.   In questo paesone, capoluogo di contea, , facciamo spese grosse e sostiamo (un po' fuori dell'abitato) per colazione.
   Nel pomeriggio, dopo alcuni chilometri, ci fermiamo a Beauly per visitare le rovine dell'abbazia con le tombe dei Mc Kenzie (a prezzo ridotto, dopo avere intenerito il guardiano).
   Dopo questa breve parentesi culturale, riprendiamo la strada e le salite.   Ci attende un nuovo passo, sempre sui 250 metri, che ci condurrà al Loch Ness.
   La salita è rallentata (ma anche rallegrata) da ricche raccolte di funghi (Cantarellus Cibarius; altri ne avevamo colti nella mattinata).   Una breve ma ripidissima discesa ci fa calare a Dumnadrochit sul mitico e misterioso Loch Ness.   Sulle sue sponde le cupe rovine del castello di Urquhart contribuiscono a fare atmosfera.   Non vediamo comunque plesiosauri, ma solo un mucchio di turisti.
   Costeggiando il lago arriviamo --a circa 4 miglia da Invermoriston-- all'ostello, che è --ilutile dirlo-- pieno.   Non ci arrendiamo e ci accampiamo --insieme ad altri esclusi-- in un prato sito nei pressi, dove per la prima volta sperimentiamo (con successo) un bel falò come arma contro i moscerini.
 

Venerdì 19 agosto 1977

Invermoriston (pressi) - Laggan Bridge , km. 97
   Alla sveglia, solito tempo quasi osceno.   I moschini vengono combattuti col solito falò durante le operazioni di smontaggio tenda e colazione.
   Partiamo di buon passo, ed è veramente con rapidità che giungiamo alla fine del Loch Ness, a Fort Augustus, dove vediamo in azione un sistema di chiuse che danno sul Caledonian Canal, che permette di passare dal Mare del Nord all'Atlantico in barca passando per vie d'acqua interne.
   Senza permetterci grandi soste, giungiamo verso l'una a Spean Bridge, da cui si piò vedere la Ben Nevis in lontananza.   Qui facciamo la spesa e mangiamo sulla verde erbetta del campo giochi.   A questo punto il tempo, finora corrucciato, decide di cambiare e passa al sole splendente, cosa che a noi non dispiace.
   Nel pomeriggio prendiamo a risalire --senza grandi pendenze-- la valle dello Spean, che in vari punti forma laghi, uno artificiale ed uno naturale.   Sulle sponde di quest'ultimo Vermondo si esibisce nel solito numero dei due raggi rotti (ovviamente dalla parte della ruota libera).   L'aggiustatura incredibilmente non porta via intere mezze giornate, così riusciamo per sera ad arrivare (forse un po' forzatamente: poco prima c'erano posticini favolosi per la tenda) al bivio di Laggan Bridge.
   Da una parte la strada continua fino ad Inverness; la nostra piega a destra in salita.   Superato qualche screzio sull'opportunità o meno di esserci spinti fin qui, dove non ci sono bei posti da tenda (è tutto recintato), avendone invece trascurati di bellissimi in precedenza, ci sistemiamo in un campo coltivato sì, ma falciato da poco e abbastanza in disparte.
   Una serata al pub rimette tutti di buon umore.
 

Sabato 20 agosto 1977

Laggan Bridge - Bosco di Birnam , km. 86
   Il tempo al mattino non è più incerto: si schiera decisamente dalla parte della pioggia.   Visto però che materialmente non diluvia ancora, non esitiamo a far colazione, caricare i bagagli e partire.
   Nere nubi sempre più spesse annunciano il tetto del giro.   La salita --non molto pesante, per verità-- avviene dapprima nei soliti ambienti sconfinati, che con l'incombente tempesta appaiono più desolati del solito.
   Dopo il villaggio di Dalvhinnie si incontra lo stradone che viene da Inverness e la pendenza diminuisce ulteriormente diventando regolarissima, mentre vere montagne compaiono a delimitare la stretta valle entro cui pedaliamo.
   La pioggia fin qui non c'è stata, o --quando s'è vista-- si è limitata a innocui spruzzetti.   Ma a 100 metri dalla vetta del temibile Pass of Drumochter, 1506 piedi, tetto del giro (ca. 450 m. s.L.M.), si scatena la empesta fin qui solo temuta.   Ci infiliamo l'attrezzatura impermeabile sulla "cima" e cominciamo una penosissima "discesa".
   La pendenza è scarsissima.   In compenso il vento è ora contrario e ci costringe a pedalare a fatica spingendoci in faccia sempre maggiori spruzzi di pioggia.   Intabarrati il più possibile, ci aspettiamo di quando in quando, finché a Calvine, il primo paese in discesa, ci raduniamo, mentre ha smesso di piovere, e facciamo comunque colazione per precauzione in un robusto gabbiotto per l'attesa delle corriere.
   Nel pomeriggio riprendiamo a "scendere".   Superate le brevi rampe del Pass of Killiekranchie, stretta della valle in cui avvenne una famosa battaglia (e gli Scozzesi le presero), arriviamo a Pitlochry, paese abbastanza grosso, dove Vermondo, che nel frattempo ha --guarda caso-- rotto un raggio, cerca invano un ciclista che glie ne fornisca una nuova scorta.
   Un'altra aggiustatura-lampo e, fatta la spesa, si riparte.   Ma la giornata non finisce qui.   Un altro raggio parte alla ruota posteriore di...   Lascio qui il lettore nella suspence.    Cercherò di tirare avanti ancora qualche riga prima di rivelargli che non Vermondo ha rotto il raggio, bensì Pietro.
   Solito trionfo personale di Vermondo (il club dei rompi-raggi si amplia), e --per rialzare il morale-- visita alla cattedrale di Dunkeld, colma di cimeli storici.
   Ci fermiamo infine in un boschetto, vicino alla località di Birnam, che entusiasma chi ha reminiscenze classiche per la parte che questa ha avuto nella disfatta di Macbeth.   Infatti in tale occasione, essendosi la foresta di Birnam spostata dalla sede originaria, si compì la profezia fatale al regicida.   Oggi invece, sarà la foresta che si è mossa, sarà un maleficio, l'evento più saliente riguarda la pentola del riso, mestamente caduta dal fornello a metà della cottura.
 

Domenica 21 agosto 1977

Bosco di Birnam - EDINBURGH , km. 86
   Dopo che nella notte ha quasi sempre piovuto, con l'alba si nota una diminuzione di intensità nei fenomeni atmoserici.   Mangiamo comunque in tenda, e finalmente con circospezione ci avviamo, sotto un cielo ancora gonfio di umidità e pronto a scaricarcela in testa.
   Un leggerissimo saliscendi ci porta abbastanza presto a Perth.   Qui decidiamo di non deviare alla volta di Scone, località dai pregi più storici che artistici, e proseguiamo verso Edimburgo.
   Quasi subito Pietro bissa l'esibizione del giorno precedente e rompe un altro raggio.   Non essendo riuscito, infatti, la sera prima a togliere la ruota libera (operazione indispensabile per il cambio del raggio), deve tenersi la ruota priva di ambedue i raggi e cercare di centrarla in qualche modo.
   Dopo avere evitato a più riprese il rischio di finire in autostrada sviati da cartelli compiacenti, ci fermiamo per colazione nel campo giochi di un paesotto che, col solito prato all'inglese (anche se siamo in Iscozia...) ed un'accogliente panchina mostra subito lati interessanti.
   Nel pomeriggio giungiamo presto in vista del grandissimo ponte sul Firth of Forth, che per fortuna non è solo autostradale.   Le bici ed i pedoni, anzi, non pagano neppure il pedaggio.
   Dal Firth of Forth a Edimburgo il passo è poi breve.    Ci troviamo in città senza quasi nemmeno accorgercene, in seguito ad un regolare infittirsi delle case.
   Bisogna poi tribolare un po' per trovare posto in ostello, ma --risollevati dall'entusiastico applauso della folla assiepata sulla nostra strada ad accoglierci (o forse era che stava per avere luogo una sfilata di apertura del festival di Edimburgo?)-- alla fine scoviamo un ostellino non segnalato dalla guida e non ancora intasato da comitive.
 
 

Lunedì  22 agosto 1977

Riposo a Edimburgo
   Terminata la parte ciclistica del giro, i nostri eroi si dedicano coscienziosamente alla visita della città di Edimburgo, lietamente addobbata in occasione del festival.
   In mattinata assistiamo ad una sfilata di bande militar che prendono parte al "Tattoo", rassegna folkloristica che ha luogo ogni sera.
   Seguendo instancabilmente la guida e concedendoci poche soste per pasti e riposo in parchi e cimiteri che a quanto pare abbondano, riusciamo a vedere tutto il visibile, né sto qui a descriverlo, visto che sta tutto scritto sulla guida.
   Unica cosa che ci coglie inaspettata è la scoperta --a pomeriggio inoltrato-- della lunga coda di gente per i biglietti del "Tattoo", che risale un'intera via!
 

Martedì 23 agosto 1977

Riposo a Edimburgo
   Desiderosi di vedere il "Tattoo" e non volendoci dare per vinti, lasciamo prestissimo l'ostello per correre agli sportelli prima che la coda dventi superiori alle forze umane.   Il tentativo riesce, ed in capo a 55 minuti abbiamo i biglietti.
   Il resto della giornata viene trascorso ancora nella visita di ciò che ancora non abbiamo visitato, in costosi acquisti nelle lussuose boutiques del "Royal Mile" che lasciano più d'uno in bolletta, ed infine nel rilassante aggirarsi per l'orto botanico, in cui, oltre a 2 milioni di piante diverse trovano posto anche comode panchine e verdi praticelli.
   A sera finalmente, sull' "Esplanade" di fronte al castello, assistiamo al "Tattoo", fantasia di parate militari con bande convenzionali e di cornamuse e dimostrazioni più o meno folkloristiche, quali la presa del castello ad opera di un corpo di Royal Marines.
   Ultima emozione: la corsa all'ostello, che chiude alle 11.30, mentre constatiamo un'incredibile scarsità di autobus serali.
 

Mercoledì e Giovedì 24-25 agosto 1977

Edimburgo - Milano in treno
   Riprendiamo infine la via del ritorno.  Il viaggio in treno fino a Londra non presenta novità.
   A Londra, 3 novità: piove a dirotto, non si trovano ostelli liberi e Vermondo rompe l'ultimo raggio attraversando la città.
   Lasciamo a Londra Fausto, che -- libero dalla bici-- comincia ora un giro in autostop dell'Europa, e continuiamo subito il viaggio con un trano notturno, che --grazie a un ritardo nella traversata della Manica--, ci obbliga a deviazioni inusitate che ci consentono di toccare Parigi e di arrivare, infine, con ore di ritardo sul previsto, a Milano in piena notte.
 

Totale chilometri percorsi : 1604

Totale raggi rotti durante il giro : 18
     Vermondo 15 - record Ciclaspis
     Pietro 2
     Paolo 1

F I N E
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ALCUNE FOTO DEL GIRO


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