L'Avisiade

Un episodio che colpì particolarmente la mia fantasia nella mia infanzia fu la piena del torrente Avisio, avvenuta alla fine di un'estate in cui mi trovavo con la famiglia in vacanza a Masi di Cavalese. Doveva essere nei primi anni '60, forse nel 1962 (su internet trovo testimonianze soprattutto sull'alluvione del 1966, che però avvenne in novembre. Anch'essa fece crollare il ponte di Masi ma non è certamente la "mia", avvenuta alla fine di agosto: evidentemente a quei tempi il corso dell'Avisio non era molto ben regolato). La piena fu veramente impressionante: le acque limacciose trasportavano fango, detriti e interi alberi, provocando allagamenti e danni. In particolare, il ponte stradale che unisce Masi al capoluogo venne distrutto irreparabilmente ed ho ancora nella memoria la vista del piano stradale travolto ed inclinato, in procinto di inabissarsi. Rimase invece perfettamente a posto il ponte ferroviario, il cui passaggio a piedi rimase in quei giorni il modo per assicurare rifornimenti alla frazione (ricordo che tra i "medicinali per i Masi" che vennero recapitati in questi frangenti vi furono anche delle confezioni di latte in polvere per qualcuno dei mei fratelli minori ancora lattante).

Approdato, pochi anni dopo, alle medie, suggestionato dalle letture dei poemi omerici fatte per "epica", mi accinsi a narrare questo episodio in un poema, che non giunse mai a compimento, sia perché ben presto me ne disinteressai, sia perché la trama era tutto sommato molto esile: immaginavo che una divinità mi fosse apparsa in sogno, annunciandomi l'intenzione degli dei dell'Olimpo di far straripare il fiume per punire il nostro padrone di casa, che aveva installato un allevamento di maiali sul retro, in pieno abitato, originando delle puzze che, soprattutto la sera, erano veramente insopportabili. "L'Avisio, simile a un novello Alfeo, / ripulire dovrebbe il nostro Eumeo" era infatti uno dei versi del poema.

Venuta a sapere (non ricordo più come) della cosa, la mia insegnante di lettere delle medie, la temutissima prof. Fernanda Dal Ri -di origini, se ho capito bene, trentine- mi chiese una copia del poema. Io ne avevo frammenti scritti qua e là e ricordo che cercai di radunarli in un unico testo che trascrissi a macchina, se ricordo bene con l'aiuto di mio padre. Ero convinto di averne fatto una copia sola, consegnata all'insegnante e mai più riavuta indietro, e che quindi questo testo giovanile fosse irrimediabilmente perduto, a parte pochi testi che ancora ricordavo a mente (l'incipit, il verso sul ponte inclinato, la descrizione della mia parata decisiva nella partita di calcio...). Invece poco tempo fa tra le tante vecchie carte di casa è riemerso un foglietto che contiene una copia di quel testo. È una versione incompleta, come si vede per esempio dal fatto che manca il verso sul porcaro, che avrebbe richiesto complicate spiegazioni a chi era ignaro dell'antefatto; non manca invece la descrizione della partita "Masi contro villeggianti" che si era svolta pochi giorni prima nel campo da calcio del paese (adesso vedo con le immagini Google che è un campo in piena regola con riflettori e recinzioni. All'epoca era un grande prato, non separato dal resto dei terreni incolti sul margine del fiume, dove spesso vagavano liberi branchi di cavalli...). L'intero proemio e qualche verso di introduzione all'azione. Frammenti che i posteri si contenderanno...

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