Per fare il

 
PILONE DEL CHICKEN


ci vuole il fisico...


   Be' scherzi a parte, come diceva spesso il grande Ghezzi, più che atleti dotati di un fisico bestiale, noi eravamo soprattutto dei "rabotti". Comunque sia, va detto che giocando ci si divertiva, e questo era l'importante, al di là del risultato.
   E divertendosi ci si toglieva anche delle soddisfazioni, come quella volta che abbiamo espugnato, nel fango, il temibile campo di Lumezzane (e la cosa ci costò il vin brulé che di solito ci veniva offerto negli spogliatoi), o quando, vincendo un'epica partita a Viadana, giungemmo a un passo dalla serie B (inutile dire che, bastandoci non perdere l'ultima partita in casa, riuscimmo comunque a farlo..).  Per non parlare delle varie tournées. Per via di una tendinite dovetti giocare, nel settembre 1979, con la seconda squadra contro la seconda dell'Old Westcliffians, che fu l'unica vittoriosa della tournée in Inghilterra.  E l'anno dopo a Palmerston, in Irlanda, dove persi, in una touche, un pezzo di incisivo, riuscii comunque in un'impresa non da poco: battere gli Irlandesi a bevuta di birra...

   Direi che il miglior ricordo dell'atmosfera che si respirava nel Chicken "ai miei tempi" (anni '70-'80) è contenuto nel ricordo-necrologio scritto da Luca Fazzo ("Fazzo deux") e che ho "rubato" al vecchio sito del Chicken Rozzano (oggi diventato il temibile "Chicken-Cus", con un sito nuovo).

La storia del Chicken è la storia di un uomo che amava il rugby e delle centinaia di bambini, di ragazzi e di uomini che da lui hanno imparato ad amarlo.
Nel 1954 Cesare Ghezzi, mediano di mischia e capitano della Nazionale negli anni Trenta, lascia il Rugby Milano - che aveva ricostruito da allenatore dopo la Guerra - e decide di dare vita ad una squadra del tutto nuova, dove applicare senza compromessi la sua concezione del gioco. Si chiamerà Chicken, traduzione clamorosamente sbagliata dell'italiano Pulcini: per Ghezzi l'idea di fondo è che il rugby non sia un gioco per energumeni dai bicipiti di pietra ma un gioco formativo, per bambini. Anzi, il più perfetto e formativo degli sport per bambini. E i primi giocatori del Chicken saranno il figlio di Ghezzi, Franchino, suo nipote Pinuccio e i loro compagni di classe alla scuola media di piazza Ascoli: un gruppetto di bambini di dieci anni che fino alla metà degli anni Settanta resterà il nucleo del Chicken.
Far giocare a rugby dei bambini è, nell'Italia di quegli anni, un'idea strampalata. Non ci sono avversari, ci si allena tutto l'anno per andare in primavera al torneo di Clermont Ferrand, in Francia, dove hanno già capito da tempo l'importanza del rugby in erba.
Nel 1956 la Fir accetta l'affiliazione del Chicken, nel 1959 comincia la partecipazione al torneo Furio Cicogna, che è il campionato giovanile di allora. Sotto la guida del Ghezzi, il gruppetto di bambini della scuola media è diventato una squadra temibile. Nel 1961 il Chicken si gioca con in Napoli il titolo di campione d'Italia giovanile, vince a Napoli ma si fa battere in casa, al Giuriati. Lo spareggio è a Cecina. Il Chicken fa sosta a Livorno, dove il Ghezzi ordina bistecche per tutti: arrivano delle fiorentine gigantesche e pepatissime, che verranno digerite solo molto dopo la fine della partita. Caldo torrido, la partita è senza storia. Ma il secondo posto rimane scolpito nell'albo d'oro del Chicken. Sono gli anni in cui la squadra di Ghezzi fornisce 13 giocatori su 15 alla selezione giovanile lombarda e cinque giocatori alla Nazionale giovanile (sono il mediano di mischia Franchino Ghezzi, le terze linee Pinuccio Petrini e Sergio Polli, il seconda linea Roberto Mariani e il tre-quarti centro Paolo Veronelli, detto "Paolino pane e figa").
A Parigi nel 1962 il Chicken batte il Racing Club: prevedendo lo scambio finale delle maglie, il Ghezzi ha fatto indossare alla squadra - invece della tradizionale casacca gialloverde - delle orrende maglie di filanca rossa, che vengono rifilate ai francesi in cambio delle loro stupende maglie imbottite. Fino a notte, i francesi accompagnano i ragazzi del Chicken nei bar di Parigi: "Li avete battuti?", chiedono i baristi, e loro rispondono: "No, hanno vinto loro e hanno vinto bene".
Nella sede sociale di via Cerva, nel centro di Milano, si cementa un gruppo di amici, oltre che una squadra che ha respirato e assimilato l'idea di rugby del Ghezzi. Un'idea che comporta degli obblighi: come quello di applaudire gli avversari ogni volta che segnano una meta. E delle abitudini: come quella di terminare gli incontri amichevoli secondo il criterio "chi segna per ultimo ha pareggiato".
E' la mentalità-Chicken: senza di cui nella storia della squadra ci sarebbero stati forse dei successi in più. Ma è grazie ad essa che il Chicken è stato ed è una squadra diversa da tutte le altre.
Quando il gruppo dei ragazzini di piazza Ascoli compie 18 anni, il Chicken si iscrive al campionato di serie C. E in C rimane praticamente per sempre, con le uniche parentesi della serie B (dal 1964 al 1966) e del purgatorio della C2 (dal 1992 al 1994).
Nel 1988 il Chicken si fonde con il Rugby Rozzano, squadra di C2 con cromosomi per molti versi simili a quelli trasmessi dal Ghezzi, e si trasferisce sul campo di quest'ultima.
In questi lunghi anni, centinaia di giocatori - forti, fortissimi, e anche "rabotti" irrecuperabili - hanno vestito la maglia del Chicken. Sulla sua panchina, dopo il ritiro di Ghezzi dal ruolo di coach, si sono avvicendati allenatori di ogni scuola: dal flemmatico Simpson al sanguigno Sabù Vellani, dal "pitùr" De Gasperi allo scientifico Belluardo, fino all'ultimo, impagabile Micheloni: e molti altri.
Ma la vera storia è probabilmente la storia delle sue giovanili, del rugby insegnato con passione a ragazzi di ogni estrazione sociale e condizione fisica, nella convinzione che da ognuno di essi si potesse e si dovesse tirare fuori un giocatore ed un uomo.
Cesare Ghezzi è morto il 19 aprile 1996.

Luca Fazzo