E' morto il traduttore di Pirandello in berbero
Martedì 7 dicembre è stata una giornata triste per la cultura
del Nordafrica. In un ospedale di Parigi si è spento, all'età
di 54 anni, Muhend U Yahia (all'anagrafe Abdellah Mohia), il fondatore
del teatro moderno in lingua berbera della Cabilia (tamazight). Da
un anno lottava contro un tumore al cervello.
Pur avendo composto anche molte opere originali (tra cui alcune poesie
che vennero poi messe in musica e cantate da grandi interpreti come Idir e
Ferhat, per esempio Berzidan
"Evviva il Presidente"), la sua fama è legata soprattutto alle
"traduzioni" (in realtà veri e propri adattamenti e trasposizioni)
di poesie e pezzi teatrali di autori di tutto il mondo.
L'opera letteraria di Mohia inizia alla fine degli anni Sessanta, quando,
terminati gli studi di matematica in Algeria, si trasferisce a Parigi dove
aderìsce all'Académie Berbère e anima il "Gruppo
di Studi Berberi" all'università di Vincennes (Paris VIII). Erano
gli anni in cui i berberi dell'Algeria, costretti al silenzio da un potere
che mirava a farne degli arabi, riscoprivano a poco a poco le proprie radici
e la propria cultura. Scoprivano che la loro lingua era la stessa che Giugurta
parlava ben prima della nascita di Maometto. Che questa lingua si poteva scrivere
e che addirittura in essa era possibile esprimersi allo stesso livello di
qualunque altra lingua letteraria.
I primi lavori di traduzione sono opere di Sartre ("Morts sans sépulture"
e "La pute respectueuse", 1973) e di Brecht: Llem-ik, ddu d ud'ar-ik
("L'eccezione e la regola", 1974), Aneggaru ad yerr tabburt ("Linea
di condotta" 1975); molte altre faranno seguito, da Molière: Si
Partuf ("Tartuffe", 1984), Si Lehlu ("Le médecin malgré
lui" 1986); a Beckett: Am win yettrajun Rebbi ("Aspettando Godot"
1999); a Jarry: "Ubu Roi", 1984; fino a comprendere autori come il polacco
Slawomir Mrozek: Sin-enni ("Emigranti" 1991); e come il cinese Lu
Xun: Muh Terri ("La vera storia di Ah Q", 1983), Muhend U Caaban
("Il resuscitato" 1986). Tra i grandi del Novecento rivisitati da Mohia non
poteva mancare Pirandello, cui si è ispirato per Tacbaylit (1982),
un adattamento di "La Giara", che ha conosciuto una vasta popolarità.
Nel complesso, le sue traduzioni, oltre agli autori citati, spaziano da Platone,
Senofonte, Sofocle, a Voltaire, Singer, Maupassant, Nazim Hikmet, Brassens
(Muh en Muh, "Pauvre Martin") e Boris Vian (Amezzart'i, "Il disertore").
Personalità tanto seria e impegnata quanto modesta e schiva, Muhend
U Yahia ha prodotto una gran quantità di opere, ma senza troppo curarsi
di trarne benefici economici, così che esse sono in gran parte tuttora
"inedite" anche se spesso assai diffuse tramite ciclostilati e audiocassette.
Inutile dire che il regime, con in testa la ex femminista e oggi ministra
della cultura Khalida Messaoudi, non ha mai speso molte energie per sostenere
e valorizzare la sua opera.
Per la sua lingua, estremamente ricca e viva, che non si perde alla ricerca
di un "purismo" elitario, il teatro di Mohya è sempre stato molto
apprezzato dai suoi conterranei, ed ha contribuito a far conoscere direttamente
a molti nordafricani i grandi autori della letteratura mondiale. La sua
perdita lascia un vuoto che si farà sentire nelle file dei militanti
della cultura berbera.
Milano, 8 dicembre 2004
(pubblicato in "Diario" del 17 dicembre 2004)
PS) Chi scrive ha ha avuto modo di assistere ad una rappresentazione de
"La Giara" in berbero a Larba Nath Yiraten, in Cabilia, in occasione delle
celebrazioni del 20 aprile del 2000, e a questa edizione si riferisce la foto
di questa pagina.
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