Elezioni in Algeria - La politica dello struzzo
Spiace dover dire “l’avevamo detto”, ma purtroppo è così. Una per una le previsioni fatte da chi si occupa di Algeria dal punto di vista della Cabilia si stanno avverando. E non erano belle previsioni.
La prima previsione era la più facile: che alle elezioni presidenziali dell’8 aprile vincesse di nuovo Bouteflika, il candidato del “potere” era scontato. Che avesse la sfrontatezza di esibire le percentuali “bulgare” di gradimento che gli sono state attribuite (prossime all’85 %) poteva forse essere in dubbio, ma vista la sfacciataggine con cui in questi ultimi mesi il personaggio aveva fatto di tutto (ma proprio di tutto) per restare in sella, non è nemmeno così strano.
Il guaio è che ulteriori previsioni, ancora più inquietanti, si stanno già per concretizzare. Per cominciare, nonostante in Europa si sia fatto di tutto per nasconderlo, era risaputo che Bouteflika aveva il sostegno esplicito del FIS. Un sostegno che implica contropartite. Già Madani Mezrag, capo dell’AIS (l'esercito islamista) aveva pubblicamente dichiarato durante la campagna elettorale che Bouteflika era l’uomo su cui puntare, e ora, a pochi giorni dal verdetto delle urne, i capi del disciolto partito islamista fanno sapere di aspettarsi una rinnovata politica di "riconciliazione nazionale". La "riconciliazione" nazionale è, per chi non lo sapesse, l'equivalente dei "condoni", applicati però non a reati fiscali o edilizi, ma al terrorismo. E come in Italia ogni speculatore sa che i condoni non finiscono mai, per cui si può continuare a fare quello che si vuole, così anche in Algeria i terroristi sanno che i termini per il "ravvedimento" sono sempre molto elastici, e anche il tipo di reato da cancellare può essere qualcosa di più di un peccatuccio veniale...
Forse non è un caso se proprio l'altro giorno, dopo diversi mesi di tregua, i terroristi sono tornati a uccidere nella capitale. Nel linguaggio spiccio dei terroristi questo equivale probabilmente a una "tirata d'orecchi".
E cosa vorranno mai gli islamisti da Bouteflika, oltre all'impunità (pardon: riconciliazione)? Ovviamente, che non si tocchi di una virgola il medievale codice della famiglia, "il miglior frutto della legislazione algerina" (con buona pace delle promesse di revisione che Khalida Messaoudi, p.r. del regime, andava diffondendo all'estero, spendendo gli ultimi scampoli di una popolarità sempre meno giustificata). E inoltre, che si torni a dare la centralità che gli spetta all'arabo classico, lingua che nessun Algerino parla, ma che è quella del Corano e va imposta ad ogni prezzo nel sistema educativo. Si può immaginare quale sorte attenderà l'insegnamento pubblico del francese (lingua in cui peraltro tutti i capi islamisti istruiscono i loro figli) e quello, già molto ridotto, del berbero (quest'ultimo di recente inserito in un comma aggiuntivo della costituzione come lingua "nazionale ma non ufficiale").
E dal momento che in nome di una religione i diritti umani passano in secondo piano, si può immaginare quanto concorderanno islamisti e Bouteflika nel voler ridurre ogni piccolo spazio di libertà democratica. Già adesso la stampa "indipendente" è con l'acqua alla gola e sotto minaccia di mille processi. E dal momento che più volte lo stesso Bouteflika si è mostrato seccato da un multipartitismo che non lo "lascia lavorare" come vorrebbe, non mancheranno tentazioni di tornare al partito unico. Ma su questo punto probabilmente non si arriverà a decisioni estreme. Un "multipartitismo" di facciata "paga" in termini di presentabilità all'estero. Stati Uniti, Francia, Nato (!), osservatori europei, ecc. hanno fatto a gara nel correre a felicitarsi per questa elezione che (secondo un'espressione che ricorre un po' in ogni comunicato) "rafforza" la democrazia in Algeria.
La politica dello struzzo dell'occidente affamato di idrocarburi nei confronti dell'Algeria è evidente. A noi basta che ci sia la messinscena: diversi partiti, diversi candidati, perfino una donna, un islamico (ovviamente "moderato"), un democratico e perdipiù cabilo. Che si può volere di più? Certo, fa un po' impressione che poi il presidente uscente si prenda l'85 % (e probabilmente, dietro le quinte, qualcuno glielo sta facendo notare in questi giorni) lasciando solo poche briciole a tutta questa opposizione messa insieme (un candidato, poverello, avrebbe addirittura preso meno voti delle firme presentate per candidarsi!...). Magari il presidente avrebbe potuto lasciar trasmettere qualche immagine dei suoi concorrenti all'unica TV di Stato, magari avrebbe potuto evitare di minacciare chiusure di testate a poche settimane dal voto, magari avrebbe potutto non usare i danari pubblici per farsi la campagna elettorale, e via discorrendo... Ma, insomma, se si compiono i riti della democrazia, noi ci copriremo sempre gli occhi con due fette di salame e continueremo ad osannare il "migliore dei governi possibili".

Qualche lettore si sarà accorto che ho esordito accennando ad un punto di vista della Cabilia. Che stranezza è mai questa? Cos'è la Cabilia e in che senso un suo punto di vista aiuta meglio a comprendere ciò che avviene in Algeria?  La Cabilia è una regione piuttosto anomala rispetto al resto del paese. Non solo perché i suoi abitanti parlano berbero e non arabo algerino. Ma anche, e soprattutto, perché la stragrande maggioranza dei Cabili ha un senso della democrazia assai più vicino al nostro di gran parte dei loro compatrioti. Il mondo arabo, si sa, diffida del concetto di democrazia. Un despota che ti dà il pane è sempre meglio di un democratico che ti fa fare la fame... Invece, nei villaggi della Cabilia una democrazia di base, fondata sull'assemblea di villaggio, è sempre esistita. E da qualche anno in qua, in seguito ad una durissima repressione che ha fatto più di cento vittime, tutta la Cabilia ha deciso di rompere -pacificamente ma con fermezza- con lo Stato algerino così com'è, con i "decideurs" che predicono con assoluta precisione quanti voti prenderà il loro candidato, con la hogra che è l'arroganza del potere, con i militari che spadroneggiano sulle autorità civili, con i prefetti del potere centrale che prevalgono su qualunque autorità locale. I Cabili hanno stilato in 15 punti le loro richieste di democrazia (la "Piattaforma di El Kseur"), e hanno deciso che non si recheranno più a votare finchè queste richieste non saranno esaudite. Non hanno votato alle politiche per il parlamento (primavera 2002), non hanno votato per le amministrative (autunno 2002), e sostanzialmente non hanno votato neppure per  queste presidenziali, nonostante gli inviti in tal senso del RCD, partito tradizionale della regione (il tasso ufficiale di votanti, sicuramente "gonfiato", si aggira sul 15%).
Una considerazione reale, ma che nessuno osa fare ad alta voce, è che oggi la Cabilia non fa più parte, politicamente, dello Stato algerino. Non ha più propri rappresentanti a nessun livello. Non è stata una scelta facile. Ma è l'unico modo per esprimere con dignità la propria opposizione. Se vai a votare, poi dalle urne non sai cosa esce; se a votare non ci vai proprio, allora sì, si è sicuri che tu quello là non l'hai votato.
Con gli islamisti a braccetto di "Boutef", oggi in Algeria la sola opposizione resta la Cabilia. E si può già prevedere che questa opposizione non avrà vita facile. Riuscirà almeno a farsi conoscere all'estero, ad avere qualche attenzione da parte di noi occidentali, affamati di vera democrazia, o il supremo interesse degli idrocarburi ci lascerà ciechi di fronte a tutto quello che si prepara?

19 aprile 2004